Negli appalti la revisione prezzi è ammessa anche in diminuzione

La nota di un’Amministrazione comunale in cui si affermava di non aver “chiaro se in caso di variazioni in diminuzione, sia corretto registrare in contabilità, prezzi inferiori a quelli contrattuali fino a determinare un importo complessivo totale inferiore a quello di contratto.” è stata il presupposto affinchè il Consiglio di ANAC si esprimesse (parere in funzione consultiva n. 4 del 12 febbraio 2025) sul meccanismo di adeguamento dei prezzi al ribasso.

Più nello specifico il tema riguardava il caso in cui l’applicazione in concreto del meccanismo di adeguamento prezzi dia luogo, a seguito dalla differenza tra l’importo complessivo del SAL determinato sulla base dei prezzi aggiornati e quello dovuto in base ai prezzi contrattuali, ad un importo in diminuzione da addebitare, dunque, nella misura dell’80% o 90%, all’impresa appaltatrice.

Nella nota indirizzata ad ANAC, infatti, l’Amministrazione scrivente sottolineava come la revisione dei prezzi, secondo la normativa in essere, costituisca una mera revisione di natura contabile senza modifica delle pattuizioni originarie e quindi dei prezzi contrattuali, essendo finalizzata ad assicurare un adeguamento dei prezzi alle mutate condizioni economiche generali.

In considerazione di ciò, dunque, occorreva chiarire se tale revisione dovesse essere applicata sempre al ricorrere delle condizioni previste dal d.l. 50/2022, indipendentemente dall’esito della stessa (quindi anche per importi in diminuzione), o se invece nei casi previsti dai commi 1, 6- bis e 6-ter dell’articolo 26, l’obbligo di adottare gli stati di avanzamento lavori applicando i prezzi aggiornati è solo strumentale al calcolo dei maggiori importi da corrispondere ai sensi delle disposizioni medesime.

Sul punto l’Autorità ha preliminarmente osservato, richiamando il proprio parere in funzione consultiva n. 2/2023, come l’art. 26 del d.l. 50/2022 sia una disposizione di natura eccezionale e derogatoria a specifiche previsioni del Codice, sottolineando altresì l’obbligatorietà dell’istituto, che impone la revisione dei prezzi sulla base di prezzari aggiornati nei casi e nei limiti ivi indicati.

In proposito si è ricordato l’orientamento del MIT che già con parere n.1575/2022 aveva affermato che il meccanismo di adeguamento dei prezzi disciplinato all’art. 26 del d.l. 50/2022, deve ritenersi obbligatorio, cosicchè sicuramente l’Amministrazione istante era tenuta a “riconoscere all’impresa appaltatrice i maggiori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari aggiornati, nei limiti ed alle condizioni previste dalla norma, ricorrendo alle risorse proprie di cui al comma 1 dell’art. 26 o a quelle dei Fondi ministeriali di cui al comma 4 [e 6-quater, aggiunto dalla l. 197/2022] dell’art. 26, prima di procedere all’approvazione del CRE/Collaudo, che necessariamente dovrà indicare la quantificazione definitiva dell’importo a saldo da liquidare all’appaltatore”.

L’obbligatorietà dell’istituto, tuttavia, determina adeguamento dei prezzi, secondo le modalità ivi stabilite, sia in aumento sia nel caso di variazione in diminuzione – ha precisato ANAC – e questo proprio alla luce di quanto disposto dal comma 6 bis dello stesso art. 26 che, con riguardo agli appalti “aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021” stabilisce che “lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite o contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2025 è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali e a quanto previsto dall’articolo 216, comma 27-ter, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, applicando, in aumento o in diminuzione rispetto ai prezzi posti a base di gara, al netto dei ribassi formulati in sede di offerta, i prezzari di cui al comma 2 del presente articolo aggiornati annualmente ai sensi dell’articolo 23, comma 16, terzo periodo, del citato codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. I maggiori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari di cui al primo periodo, al netto dei ribassi formulati in sede di offerta, sono riconosciuti dalla stazione appaltante nella misura del 90 per cento nei limiti delle risorse di cui al quinto periodo, nonché di quelle trasferite alla stazione appaltante ai sensi del sesto periodo. Il relativo certificato di pagamento è emesso contestualmente e comunque entro cinque giorni dall’adozione dello stato di avanzamento. Gli eventuali minori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari di cui al primo periodo rimangono nella disponibilità della stazione appaltante fino a quando non siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, per essere utilizzati nell’ambito del medesimo intervento (…)”.

A quanto sopra, poi, si aggiunge – così è ancora proseguito il parere ANAC – anche la disposizione del comma 6-quinquies (inserito dalla l.n. 197/2022) dello stesso articolo 26 in cui espressamente si stabilisce che “Nelle more dell’aggiornamento dei prezzari di cui al comma 6-bis, le stazioni appaltanti utilizzano l’ultimo prezzario adottato, ivi compreso quello infrannuale di cui al comma 2. All’eventuale conguaglio, in aumento o in diminuzione, si provvede in occasione del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori afferenti alle lavorazioni eseguite o contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure a seguito dell’aggiornamento del prezzario”.

Sulla base di tale impianto normativo, dunque, ANAC ha osservato come possa desumersi che:

  • lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni sopra indicate è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati;
  • l’applicazione dei prezzari annualmente aggiornati è da considerarsi sia in aumento che in diminuzione rispetto ai prezzi posti a base di gara, al netto dei ribassi formulati in sede di
    offerta;
  • gli eventuali minori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari rimangono nella disponibilità della stazione appaltante fino a quando non siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, per essere utilizzati nell’ambito del medesimo intervento.

ANAC ha inoltre ulteriormente precisato come sul punto non può evitarsi di dare risalto anche all’indirizzo del Mit espresso in ordine ad un quesito relativo all’obbligatorietà del ricorso, in fase di emissione dei SAL, all’aggiornamento dei prezzi in deroga alle clausole contrattuali, anche in assenza di specifica istanza dell’appaltatore, nonché nel caso in cui tale aggiornamento determini una diminuzione (parziale o complessiva) del prezzo di contratto, ove dai prezziari in vigore si riscontrino alcune diminuzioni rispetto al prezzario del 2023.

Nel parere n.2789/2024, infatti, il Mit ha osservato come in tali casi “L’adeguamento può essere in aumento o in diminuzione” e che “La stazione appaltante deve procedere in ogni caso all’adeguamento”.

In definitiva, pertanto, dopo un articolata disamina ANAC ha potuto rendere il proprio parere, concludendo come, “fermo l’obbligo di applicare la misura straordinaria prevista dall’art. 26 del d.l. 50/2022, in presenza delle specifiche condizioni ivi stabilite ed entro i limiti disposti – la misura revisionale disciplinata dalla stessa, trova applicazione anche nel caso in cui dai prezzari aggiornati si riscontrino prezzi inferiori a quelli contrattuali e da tale aggiornamento derivi eventualmente, all’esito delle operazioni di verifica della relativa contabilità, la necessità di adeguare l’importo dell’appalto.”.

Leggi il parere n. 4/2025

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