Sulla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche

Il contenzioso sorto sul progetto definitivo di adeguamento, per nuove esigenze funzionali, di un impianto di depurazione intercomunale e dunque di un’opera idraulica esistente, che già effettuava il trattamento delle acque pubbliche, ha permesso al TAR Lombardia – Brescia (sentenza n. 20/2025) di compiere un excursus ricognitivo della casistica affrontata dalla giurisprudenza in ordine alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

A fronte di specifica eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da una delle parti resistenti, infatti, i Giudici amministrativi bresciani hanno immediatamente posto in evidenza il dettato normativo di riferimento costituito dall’art. 143 del R.D n. 1775/1933, nel testo modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 42 del 1991, e rimarcato come – già da tempo – le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (da SS.UU. n. 9534/2013 sino a SS.UU. n. 13975/2023, passando per SS.UU. n. 2710/2020) abbiano delineato i criteri di demarcazione tra la giurisdizione specializzata (Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche  quale giudice in unico grado di legittimità e Tribunale Regionale delle Acque quale giudice in primo grado della giurisdizione ordinaria) e quella generale devoluta al plesso della giustizia amministrativa.

Ancor più nello specifico il TAR ha puntualizzato la casistica sottoposta all’esame del Giudice specializzato, ricordando come “la giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in unico grado si radica allorché la questione della tutela della regimazione e dell’utilizzo delle acque pubbliche assuma una connotazione pervasiva nell’economia dei procedimenti e nell’origine degli atti impugnati. Così è stato giudicato che la consistenza e l’unitarietà della situazione soggettiva dedotta comportano l’attrazione delle liti avanti al TSAP anche per quel riguarda le determinazioni afferenti alle vicende strumentalmente connesse alle acque pubbliche, sino a giungere alle questioni risarcitorie (Sezioni Unite n. 953472013 e n. 10148/2012). In tale contesto, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche è chiamato a decidere sulle cause derivanti dall’impugnazione anche dei provvedimenti di autorità che non si occupano istituzionalmente della materia idrica (Sezioni Unite n. 24154/2013), come i dinieghi di edificabilità per le zone ritenute esondabili (Sezioni Unite n. 27528/2008) o le occupazioni d’urgenza dei sedimi privati che sono motivati con la necessità di realizzare opere correlate al demanio idrico (Sezioni Unite n. 7881/2007).“.

In quest’ottica, quindi, deve tenersi conto, secondo la disamina del TAR Brescia, non solo delle acque pubbliche intese nella classica accezione che designa come tali le acque sorgenti, fluenti o lacuali idonee a soddisfare un pubblico e generale interesse, ma dell’intera nozione di servizio idrico integrato, come introdotto dalla legge 5 febbraio 1994 n.36, costituito “dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue” (art. 4 comma 1 lettera f ) e, per quanto riguarda l’attività di depurazione, occorre sottolineare che le disposizioni di cui agli artt. 6 e 7 della legge n.36/94 disciplinano anche le modalità di riutilizzo e trattamento delle acque reflue urbane sottoposte a depurazione.

La sentenza in commento, dunque, sottolinea come per insegnamento giurisprudenziale consolidato sin dalla sentenza n. 242/2004 del Consiglio di Stato, confermato dalla più recente decisione n. 2125/2015, deve ritenersi che le acque trattate negli impianti di depurazione conservino la qualificazione di acque pubbliche destinate a usi di interesse generale.

Sulla base di tale impostazione pertanto e tornando al caso specifico affrontato, il TAR ha potuto acclarare come la finalità perseguita dalle autorità pubbliche sia stata quella di adeguare un’opera idraulica esistente, che già effettua il trattamento delle acque pubbliche, a nuove esigenze funzionali, con la conseguenza che dovendosi “(…) dare rilevanza allo scopo più che ai mezzi, appare evidente che il potere esercitato in concreto dall’Amministrazione mediante l’adozione degli atti impugnati, pur avendo ricadute di natura urbanistica (fasce di rispetto, riduzione dei diritti edificatori, modifiche alla viabilità) e conseguenze espropriative per le aree dove è localizzato l’impianto, ha per oggetto essenzialmente quella particolare forma di regimazione delle acque che consiste nell’attività di depurazione. Non si discute infatti della pianificazione del territorio sotto il profilo idraulico, o della procedura di acquisizione di aree private per la realizzazione di un’opera idraulica (materie di pertinenza del giudice amministrativo), ma, in una prospettiva del tutto rovesciata, dell’ampliamento di un’opera idraulica esistente, che è parte in concreto della gestione delle acque pubbliche. (…)”.

Su tale motivazione, quindi, è stata pronunciata declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per essere la controversia di competenza della giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

Leggi la sentenza dl TAR Lombardia – Brescia n.20/2025

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