Il Supporto Giuridico del Ministero delle Infrastrutture ha chiarito (parere n. 3430 del 13 maggio 2025) quale sia la disciplina di riferimento in tema di penale per ritardata ultimazione dei lavori dopo che l’art. 145 comma 7 del DPR 207/2010 è stato abrogato dal Codice dei contratti sin dalla versione del 2016.
Una Stazione appaltante, infatti, sottolineando come la vecchia norma prevedeva l’ammissibilità della disapplicazione, totale o parziale, delle penali per ritardata ultimazione dei lavori, quando le penali fossero riconosciute manifestamente sproporzionate rispetto all’interesse della Stazione appaltante, aveva evidenziato come la nuova disciplina, anche successivamente modificata, non fornisce utili indicazioni.
Il quesito posto al Supporto Giuridico, quindi, mirava a sapere se fosse possibile e legittimo far riferimento a quanto previsto all’art. 1384 c.c., che prevede lo stesso meccanismo (adeguata disapplicazione della penale in funzione dell’effettivo interesse del creditore).
Sul punto il chiarimento offerto dal Servizio Giuridico, nel confermare come l’abrogazione dell’articolo 145, comma 7, del DPR 207/2010 abbia eliminato la possibilità per l’esecutore di richiedere, con un’istanza motivata, la riduzione della penale qualora risultasse manifestamente sproporzionata, ha altresì confermato come nel Codice dei contratti pubblici vigente l’art. 126 non preveda l’ipotesi della disapplicazione, totale o parziale, delle penali.
Ciò tuttavia non può indurre a ricorrere alla disciplina dell’art. 1384 c.c., rappresentando questa “una disposizione non sovrapponibile alla disciplina delle penali nel codice dei contratti pubblici, come anche evidenziato da ANAC nella delibera n. 73 del 17 gennaio 2024.”.
Spiega, infatti, il Servizio Giuridico, come nell’art. 1382 c.c. la penale sia legata all’inadempimento o al ritardo dell’adempimento, mentre il Codice appalti dispone l’applicazione di penali a carico dell’esecutore nel solo ed unico caso di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni; inoltre la c.d. reductio ad aequitatem civilistica presuppone un intervento dall’esterno del giudice, che può ridurre la penale con una pronuncia costitutiva. Viene quindi sottolineato come la giurisprudenza abbia avuto modo di rilevare che il criterio al quale il giudice deve ispirarsi per esercitare il potere di riduzione della penale contrattualmente prevista non è la valutazione del danno che sia stato accertato o risarcito, ma l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione cui ha diritto, precisandosi che tale valutazione deve essere riferita al momento in cui si è concluso il contratto cui accede, e non a quello nel quale viene chiesto il pagamento.
Se dunque la normativa civilistica non può sopperire alla mancata previsione nell’articolo 126 del Codice dei Contratti della disciplina prima prevista dal DPR 207/2010, ne deriva – così conclude il Servizio Giuridico – che la Stazione appaltante (se ciò non è contemplato dalla lex specialis) non può procedere alla riduzione della penale.
Diversamente, si tratterebbe di una inammissibile disapplicazione di un atto amministrativo, evitabile solo con un intervento in autotutela sui documenti di gara che disciplini in modo specifico la possibilità di riduzione e le relative condizioni.