Anche per i contributi consortili la disciplina delle prove e delle presunzioni nel processo tributario non può essere in contrasto con l’applicabilità delle presunzioni legali

L’ordinanza n. 22199/2025 della Corte di Cassazione, pubblicata il 1° agosto scorso, ha fatto chiarezza sulla reale portata del comma 5 bis dell’art. 7 delle disposizioni del processo tributario, per come innovato nel 2022, accogliendo integralmente le prospettazioni di Arcangelo Guzzo in difesa di un Consorzio che aveva visto impugnare da alcuni contribuenti delle cartelle esattoriali emesse per il recupero di contributi consortili.

In particolare, rigettati i ricorsi dalla Corte di primo grado, la Corte di giustizia tributaria aveva accolto in appello il gravame dei contribuenti, affermando che, con l’introduzione della disposizione sopra richiamata, l’onere della prova (avente ad oggetto la configurabilità del beneficio diretto e specifico in favore dell’immobile del contribuente), in caso di contestazione, deve essere a carico del Consorzio.

Secondo il ragionamento della Corte, condiviso da un filone giurisprudenziale iniziato all’indomani dell’entrata in vigore della normativa modificata (16 settembre 2022), il comma in discussione, che recita “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati“, dovrebbe essere interpretato nel senso di imporre onere sempre al Consorzio di fornire l’effettiva dimostrazione circa la sussistenza dei presupposti per l’esigibilità dei contributi di bonifica e, dunque, la piena legittimità della relativa pretesa.

Il che, tuttavia, comporta, come opportunamente sottolineato nelle difese del Consorzio, una sostanziale modifica di quelli che sono i principi sull’onere della prova in materia di contributi consortili tale da porre a carico dei Consorzi di Bonifica un gravoso onere della prova, a prescindere dalla presenza o meno del Piano di Classifica e dell’insistenza dell’immobile nel Perimetro di Contribuenza, con conseguente rischio di generare un proliferarsi di ricorsi tributari e, soprattutto, in attesa della definizione dei giudizi, la perdita di ingenti somme per via del mancato pagamento dei contributi consortili.

Senza tenere in più conto della circostanza per cui l’esito dei giudizi dipenderebbe, nel merito, da una valutazione delle prove da parte dei Giudici di merito con sostanziale impossibilità, o comunque maggiore difficoltà, a far valere poi le questioni di merito sulla valutazione delle prove dinanzi la Corte di Cassazione.

Peraltro alcune Corti di Giustizia Tributaria (tra cui quella di secondo grado cui si riferisce l’ordinanza di cassazione in commento), attribuendo natura processuale e non sostanziale al comma 5 bis dell’art. 7 giungono persino a ritenerlo applicabile ai giudizi introdotti prima dell’entrata in vigore della norma che, come detto, è fissata al 16 settembre 2022.

Anche tale profilo, dunque, è stato posto in rilievo nelle difese del Consorzio al fine di ottenere censura da parte del Supremo Collegio, che, riconoscendo in toto la validità di quanto prospettato, ha così deciso:

  • il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova ‘comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale’, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2746 del 30/01/2024).“;
  • In ogni caso, in materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022 (laddove il presente giudizio è stato instaurato in data 20.08.2019), data di entrata in vigore della legge predetta (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8079 del 23/04/2020), operando, in difetto di norme transitorie, la regola generale dell’art. 11 delle preleggi (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18764 del 09/07/2024).“.

Vai all’ordinanza della Corte di Cassazione n. 22199/2025

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