Il Consiglio di Stato e l’onere di tempestiva impugnazione della lex specialis di gara violativa della disciplina in materia di CAM

Con una pronuncia che non ha precedenti nei medesimi termini (n. 6651/2025) la V Sezione del Consiglio di Stato ha puntualizzato i corretti presupposti del concreto atteggiarsi dell’onere di immediata impugnazione della lex specialis di gara, nel caso in cui essa contenga prescrizioni non in linea con l’art. 57 del Codice dei contratti pubblici, che impone l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi (CAM).

Dopo infatti un’articolata premessa di carattere generale sui CAM e su come gli stessi debbano essere declinati negli atti progettuali e nei documenti di gara, nonché sul ruolo che i detti criteri hanno ai fini della presentazione di un’offerta consapevole, la decisione ha messo in evidenza quale sia la ratio dei criteri minimi ambientali, ricostruendo un quadro organico, basato sul complessivo orientamento della giurisprudenza amministrativa in materia.

Si è quindi affermato che l’onere di tempestiva impugnazione della lex specialis di gara violativa della disciplina in materia di CAM che determini l’impossibilità di formulare l’offerta:

  • risulta coerente con la ratio dell’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi che si rinviene nell’esigenza di garantire che “la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde”. Oltre alla valorizzazione della qualità ambientale e al rispetto dei criteri sociali, l’applicazione dei CAM risponde anche all’esigenza della Pubblica Amministrazione di razionalizzare i propri consumi, riducendone ove possibile la spesa” (Cons. Stato, V, n. 6934 del 2022) e che è volta in sede giudiziale ad un sindacato “di legittimità delle procedure pubbliche di affidamento che non ne tengano debito conto (…) nel senso (…) di valutare la questione del loro recepimento nella legge di gara sotto il profilo sostanziale, piuttosto che sotto il profilo formale del loro richiamo” (Cons. Stato, V, n. 9879 del 2022);
  • è conforme ai principi di buona fede e di tutela dell’affidamento, recepiti nell’art. 5 del d.lgs. n. 36/2023, letto dalla condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio nel senso di “configurare un “rapporto” di tipo orizzontale tra cittadini e pubblica amministrazione”, che “(…) se genera in capo alla seconda doveri di protezione o, secondo taluni, obblighi correlati a diritti soggettivi, parimenti comporta anche una più marcata responsabilizzazione dei primi, sia in seno al procedimento che con riguardo al processo” (Cons. Stato, III, n. 10744 del 2023);
  • è in linea con l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui “il principio del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardato ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento” (Cons Stato, III, n. 2866 del 2024).“.

Leggi la sentenza del Consiglio di Stato n. 6651/2025

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