Il Consiglio di Stato specifica la portata del Certificato Esecuzione Lavori (CEL) nell’ambito dei lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150. 000 euro

Con la sentenza n. 6135/2017, il Consiglio di Stato ha chiarito la portata del Certificato Esecuzione Lavori (CEL), in relazione ai requisiti che, ex art. 90 del DPR n.207/2010 (tuttora in vigore sino all’approvazione dei decreti attuativi del Codice degli Appalti), le Imprese debbono possedere per partecipare a lavori di importo pari o inferiore a 150.000 euro.
L’occasione è stata data da una controversia in cui una Impresa si era giudicata la gara di un Comune per lavori di messa in sicurezza di edifici scolastici, nel cui bando veniva specificato, per una delle tre previste categorie di lavori (quella di importo di Euro 66.419,29), che “poiché la categoria OS7 non è subappaltabile l’impresa singola potrà eseguire tali lavorazioni se in possesso dei relativi requisiti di qualificazione o, in alternativa, dovrà obbligatoriamente costituire una associazione temporanea di tipo verticale con impresa in possesso dei requisiti”.

Dall’accesso ai documenti di gara effettuato dalla Impresa arrivata al secondo posto era, tuttavia, risultato che la Ditta aggiudicataria aveva presentato nella propria domanda di partecipazione un Certificato di Esecuzione Lavori per un importo inferiore a quello indicato dal bando per la relativa categoria di lavori.

Adito il Tribunale Amministrativo Regionale competente, quindi, l’Impresa posizionatasi seconda ha chiesto l”annullamento dell’aggiudicazione, perchè la domanda dell’Aggiudicataria era sostanzialmente mancante della dichiarazione prevista dall’art. 90 D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e perché, anche a voler tener conto della documentazione prodotta in luogo della dichiarazione, la stessa non risultava idonea a comprovare i requisiti imposti dal bando di gara.

La Stazione appaltante ha dedotto in giudizio di essere ricorsa, in sede di verifica dei requisiti, al soccorso istruttorio, chiedendo all’Impresa aggiudicataria di “comprovare l’esecuzione dei lavori relativi alla categoria OS7, con gli importi previsti nel bando di gara”, ed ha, altresì, prodotto la nota di risposta della società con cui, oltre a trasmettersi il CEL già allegato alla domanda di partecipazione alla procedura, si inoltravano altri due Certificati di Esecuzione dei Lavori.

Il TAR ha rigettato il ricorso dell’Impresa seconda posizionatasi nella gara, sul presupposto per cui ben aveva fatto,  la Stazione appaltante ad esercitare il soccorso istruttorio così da ottenere dalla Ditta aggiudicataria la produzione dell’ulteriore documentazione comprovante l’avvenuta esecuzione di lavori della categoria OS7 per l’importo richiesto dal bando.

Ciò perchè anche se gli ulteriori Certificati di Esecuzione Lavori erano datati successivamente alla domanda di partecipazione alla gara, i lavori cui si riferivano erano stati conclusi in data precedente, ragion per cui, ha concluso il TAR “”(…) poteva ben dirsi che il requisito (esperienziale) richiesto dal bando era già maturato prima della partecipazione alla procedura””.

La decisione di primo grado è stata impugnata dalla Impresa arrivata seconda, essendosi dedotto come “”l’ulteriore produzione documentale, presentata dall’Aggiudicataria in risposta alla richiesta della Stazione appaltante, non era in ogni caso idonea a dimostrare il requisito di qualificazione richiesto dal bando, giacché, ai fini della individuazione del momento in cui l’impresa aveva acquisito il requisito di partecipazione richiesto dal bando, rilevava non già la data di completamento dei lavori, come ritenuto dal Tribunale, bensì ma quella di rilascio del CEL che dimostrava non solo la mera esecuzione dei lavori, ma propriamente il fatto che gli stessi erano stati eseguiti correttamente. In assenza del CEL, i lavori, pur se materialmente eseguiti, non potevano essere utilizzati come requisito di partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica poiché l’amministrazione non era in grado di verificare se gli stessi erano stati correttamente eseguiti e quale fosse il loro importo secondo la contabilizzazione dell’appalto””.

A fronte di quanto precede, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6135/2017, ha deciso la controversia in esame secondo quanto segue:

A) “”Dalla documentazione in atti risulta che A. s.r.l., nella domanda di partecipazione alla procedura di aggiudicazione, non ha dichiarato in maniera espressa di aver eseguito lavori rientranti nella categoria OS7 per un importo pari a quello richiesto dal bando di gara (Euro 66.419,00), essendosi limitata a riportare “i lavori eseguiti presso altre Amministrazioni aggiudicatrici o stazioni appaltanti eseguiti nell’ultimo triennio e conclusisi positivamente”. Nell’elenco che segue detta dichiarazione è indicato l’importo dei lavori, ampiamente superiore a quello richiesto dal bando, ma non è specificato quanta parte di questi si riferiscono proprio alla categoria OS7.””.

Da tale circostanza il Consiglio di Stato, tuttavia, non ha fatto di per sè discendere l’invalidità della domanda di partecipazione alla gara, poichè sebbene l’Aggiudicataria non abbia dichiarato di aver eseguito lavori di categoria OS7, la dichiarazione di cui all’art. 90, comma 3, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 non richiede formule particolari e l’elencazione dei lavori eseguiti ben può tener luogo di una espressa dichiarazione.

Legittimamente, dunque, la Stazione appaltante ha richiesto all’Aggiudicataria di precisare la sua dichiarazione.

Nel caso di specie, tuttavia, osserva il Consiglio di Stato, all’esercizio del potere di soccorso istruttorio da parte della Stazione appaltante è seguito ““(…) non già una mera specificazione della domanda di partecipazione, con l’indicazione della quota parte dei lavori già elencati riferita alla categoria OS7, ma una vera e propria integrazione della stessa, con l’introduzione di un requisito mancante, rappresentato dai lavori non dichiarati in precedenza.(…)”“, tanto che i CEL ulteriormente presentati si riferivano a lavori che non erano stati indicati nell’elenco redatto all’interno della domanda di partecipazione.

Già sol per questo l’Impresa aggiudicataria avrebbe meritato l’esclusione dalla gara, “”(…) essendo preclusa l’integrazione della domanda di partecipazione in esito del soccorso istruttorio attuato dalla stazione appaltante (da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 18 luglio 2017, n. 3514; V, 22 agosto 2016, n. 3666). Risulta violata, infatti, la par condicio tra i concorrenti, avendo potuto la A. s.r.l. beneficiare di un più ampio termine per dichiarare (e, quindi, dimostrare, come si avrà modo di chiarire subito) il requisito tecnico – professionale rispetto a quello riconosciuto a tutte le altre imprese partecipanti. (…)””.

B) Sotto altro profilo, poi, la condotta dell’Impresa aggiudicataria è stata, altresì, censurata dal Consiglio di Stato laddove si è fornita all’Amministrazione appaltante ulteriore documentazione datata in epoca successiva alla presentazione della domanda di partecipazione, sebbene attinente a lavori contabilizzati in data antecedente.

Ed invero i Giudici di Palazzo Spada, nel riformare la sentenza di primo grado che aveva ritenuto detta documentazione idonea a dimostrare il possesso del requisito tecnico professionale richiesto dal bando in quanto ciò che è richiesto al partecipante alla gara “”(…) non è di disporre del CEL, anteriormente alla presentazione della domanda, ma di poter vantare il requisito dell’esecuzione di una certa tipologia di lavori ricadenti nella categoria non a qualificazione obbligatoria prevista come non subappaltabile, di importo inferiore a 150.000 Euro, il cui possesso dovrà essere comprovato prima della sottoscrizione del contratto (…)”” hanno chiarito la portata del CEL affermando “”(…) Non vi è dubbio che altro è l’esecuzione dei lavori e altro ancora è la documentazione dei lavori eseguiti e che il bando richiedeva come requisito tecnico professionale il primo; tuttavia, la lettura sistematica delle disposizioni normative sul Certificato di esecuzione lavori induce a ritenere che solamente l’impresa che sia in possesso, al momento della presentazione della domanda, del CEL può dichiarare il possesso del requisito, poiché solo quell’impresa è in grado di comprovarlo. In ultimo, allora, il requisito dell’esecuzione dei lavori coincide con quello del possesso del Certificato di esecuzione dei lavori. (…)””.

Per il Consiglio di Stato, dunque, tutto l’impianto normativo del sistema degli appalti pubblici (l’art. 86, comma 5 bis, del D.Lgs. 12 aprile 2016, n. 50, così come il precedente art. 40, comma 3, lett. b) del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, l’art. 79, comma 6, e l’art. 83 commi 2 e 4 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 210) conduce ad affermare che “”(…) l’impresa acquisisce il requisito tecnico organizzativo, costituito dall’aver svolto lavori per un certo importo in una certa categoria, col rilascio del Certificato di esecuzione lavori poiché in esso si dà atto dell’avvenuta esecuzione in maniera regolare e con buon esito dei lavori, nonché del risultato delle contestazioni reciprocamente mosse dalle parti contrattuali in seguito all’esecuzione dei lavori. (…), con la conseguenza per cui “”(…) Nella vicenda in esame, l’impresa aggiudicataria che alla data di presentazione della domanda aveva contabilizzato i lavori, ma non ottenuto ancora il Certificato di esecuzione dei lavori, non era, pertanto, in possesso del requisito richiesto dal bando, onde non poteva essere ammessa alla procedura (…)””.

Per le considerazioni sopra svolte, pertanto, la sentenza di primo grado è stata riformata.

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