Il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Milano (sentenza n.1596 del 5 giugno 2025) ha ampiamente accolto le tesi prospettate da Claudio Martino in un contenzioso che verteva sul diritto di un Consorzio di Bonifica di vedersi corrispondere l’indennità che Regione Lombardia, con L.R n.4/2016, attribuisce per l’occupazione senza titolo in caso di interferenze tra manufatti (in questo caso reti elettriche) e il reticolo idrico di bonifica, demanio necessario dello Stato.
Nello specifico, la Società di distribuzione di energia elettrica convenuta, che impegna l’area demaniale con 2.947 interferenze (1.485 sub alveo e 1.462 aeree), dovrà ora corrispondere canoni di polizia idraulica negli importi determinati dalla normativa regionale e quantificati in “€ 881.419,14 oltre a € 132.212,87 per maggiorazione del 15% (ex art.12 co2 L.R. 4/2016) e così in totale € 1.013.632,01 oltre interessi al tasso legale da ciascuna annualità e sino al saldo.”.
Accertata dunque la sussistenza delle interferenze indicate dal Consorzio di Bonifica e provveduto alla quantificazione del dovuto, la sentenza si rivela di interesse anche per quel che riguarda le motivazioni con cui sono state respinte le ulteriori difese avversarie.
Ed invero nel riconoscere il diritto del Consorzio di Bonifica alla riscossione del canone di polizia idraulica sopra individuato, il Tribunale ha negato la sussistenza ex adverso ipotizzata di una violazione del principio della doppia imposizione per contestuale pagamento di TOSAP/COSAP (in vigore per determinate annualità) e poi successivamente del CUP (dal 1.1.2020).
L’analisi della normativa effettuata nella sentenza infatti ha ben chiarito come la tassazione per occupazione di suolo pubblico imposta da Comuni e Province interessi solo “le strade le aree ad esse sottostanti o sovrastanti, ma non i corsi d’acqua del reticolo idrico”, che fanno parte del demanio necessario o naturale dello Stato mentre il demanio stradale fa parete del demanio accidentale, ricomprendendo quindi beni che potrebbero essere anche di proprietà privata.
Non riguardando dunque il canone di polizia idraulica beni assoggettabili neanche astrattamente a tassazione per occupazione di suolo pubblico ne consegue quindi l’inequivocabile insussistenza di qualsivoglia doppia imposizione.
Parimenti come alcuna violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza può essere imputato alla normativa regionale lombarda che, quanto ai criteri applicati per determinare l’ammontare del dovuto, ha già superato il vaglio del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (sentenza n.95/2023).
Ricorda infatti il TRAP Milano come la previsione di un canone “trova giustificazione nel fatto che ogni attraversamento (oltre ad attribuire una frazione di demanio al privato) provoca intrinsecamente una maggiore difficoltà di manutenzione del corso di acqua”.
Per tale ragione quindi “il minimo forfetario, lungi dal produrre un indebito oggettivo in favore della P.A., indennizza l’autorità di polizia idraulica per l’incremento di oneri manutentivi, causati, per l’appunto, da ciascun cavidotto, e disincentiva il proliferare di attraversamenti che ridurrebbero la fruizione pubblica dei corsi di acqua”.
Nè, da ultimo, il Tribunale ha ravvisato disparità di trattamento rispetto ad altri gestori di servizi pubblici di interesse generale.
Lamentava infatti la Società convenuta che normative nazionali e regionali esentano dal pagamento del canone le infrastrutture ferroviarie e quelle di telecomunicazioni e non quelle di produzione di energia elettrica.
Sul punto la sentenza, richiamando l’insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 31752/2019) secondo cui non può assumersi come discriminatorio il principio generale sotteso alla materia in discussione, ossia non quello della gratuità ma quello dell’onerosità del demanio idrico, ha concluso affermando che “ogni eccezione a tale regola deve essere debitamente prevista dalla legge, la quale nulla statuisce rispetto alle società che gestiscono le linee di distribuzione dell’energia elettrica (…) e le previsioni legislative esistenti debbono ritenersi insuscettibili di applicazione estensiva o analogica.”.