L’art. 34 comma 3 cod. proc. amm. stabilisce che “Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori.”.
Sul punto la IV Sezione del Consiglio di Stato aveva deferito all’Adunanza Plenaria alcune questioni interpretative della norma e in particolare ci si era interrogati sulle modalità con cui l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto dovesse essere manifestato: se cioè fosse sufficiente «un’istanza generica», e «se occorrano particolari modalità e se vi siano termini per la sua proposizione»; o invece fosse necessaria «l’allegazione dei presupposti per la sua successiva proposizione», anche in questo caso con richiesta di precisarne le modalità; oppure se non si possa prescindere dalla «proposizione della domanda di risarcimento del danno», nel medesimo giudizio di annullamento o in un autonomo giudizio. L’ordinanza di rimessione, inoltre, chiedeva di chiarire se in relazione alla «domanda di accertamento» dell’illegittimità dell’atto impugnato il giudice «possa comunque pronunciarsi su una questione ‘assorbente’ e dunque su ogni profilo costitutivo della fattispecie risarcitoria», la cui eventuale infondatezza, «correlata alla concreta insussistenza dell’interesse espressamente richiesto per la declaratoria di cui all’art. 34, comma 3, c.p.a.», possa precludere l’accertamento di illegittimità.
A fronte di quanto precede, dunque, l’Adunanza Plenaria, nella sentenza n. 8 del 3 luglio 2022, ha ricordato come sulla questione deferita in sede nomofilattica si siano formati due orientamenti giurisprudenziali e che per un primo orientamento, fatto proprio dagli appellanti, sarebbe sufficiente «la sola deduzione dell’interessato di voler proporre in un futuro giudizio la domanda risarcitoria», mentre per un secondo indirizzo occorrerebbe invece che l’interessato alleghi i «presupposti della successiva domanda risarcitoria», cui hanno aderito le sentenze appellate. E’ stato poi richiamato anche un «ulteriore sotto-orientamento, che richiede, almeno, che si “comprovi sulla base di elementi concreti il danno ingiustamente subito”».
Dopo ampia disamina degli artt. 30, 35 e 104 del codice del processo amministrativo e con il supporto di approfonditi richiami giurisprudenziali, pertanto, l’Adunanza Plenaria è giunta alla conclusione che sui quesiti formulati dall’ordinanza di rimessione devono essere affermati i seguenti principi di diritto:
“- (sul primo quesito) «per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 cod. proc. amm.»;
– (sul secondo quesito) «una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda».”.