L’Adunanza Plenaria si pronuncia sulle azioni esperibili in caso di giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 6 dello scorso 9 aprile 2021, si è espressa sulla possibilità di proporre l’azione di risarcimento del danno in forma specifica in materia di occupazione illegittima a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento danni per equivalente.

La questione rimessa all’Adunanza Plenaria riguarda l’individuazione dei presupposti in presenza dei quali il giudicato civile di rigetto (per intervenuta prescrizione del diritto fatto valere in giudizio) di una domanda di risarcimento per equivalente dei danni da perdita della proprietà sul suolo per effetto dell’occupazione illegittima e della trasformazione irreversibile del bene da parte della pubblica amministrazione – in applicazione dell’istituto (ormai superato) di creazione giurisprudenziale della cd. occupazione acquisitiva – preclude l’esercizio di un’azione di risarcimento in forma specifica diretta alla restituzione del bene, previa rimessione in pristino. 

Più nello specifico i quesiti rimessi all’Adunanza Plenaria sono i seguenti:

«a) se – in caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato, formatosi con una sentenza emessa quando vi era la prassi nazionale che dava rilievo alla ‘occupazione appropriativa’ o ‘accessione invertita’ – sia precluso l’esercizio attuale dell’azione di risarcimento del danno in forma specifica attraverso il rilascio dei terreni, previa rimessione in pristino;

b) in caso positivo, se l’effetto preclusivo derivante dal giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno, per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato, sia subordinato alla sussistenza in tale pronuncia (e nel dispositivo) della formale, chiara e univoca statuizione costitutiva sul trasferimento del bene in favore dell’Amministrazione in base alla ‘occupazione appropriativa’ ovvero se a tali fini sia sufficiente che – in motivazione – la pronuncia abbia unicamente (eventualmente anche per implicito) fatto riferimento a tale istituto per giungere al rigetto della domanda risarcitoria;

c) come possa influire sull’esito del giudizio il principio, per il quale – nel caso di occupazione senza titolo del terreno occupato dall’amministrazione – si applica sul piano sostanziale l’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, con la conseguente possibilità ormai riconosciuta dalla giurisprudenza di disporre la conversione della domanda nel corso del giudizio, e dunque di ritenere ammissibile il rimedio di tutela da esso previsto, basato sulla diversità della causa petendi e del petitum (riferibili a posizioni di interesse legittimo correlativo al potere di acquisizione) rispetto alle domande di risarcimento o di restituzione (riferibili alla tutela del diritto di proprietà in quanto tale);

d) per il caso in cui ritenga che gli appellanti sono ancora proprietari del bene (aventi pertanto titolo a chiedere l’emanazione del provvedimento discrezionale previsto dall’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001), se – nel caso di emanazione dell’atto di acquisizione – l’Autorità debba disporre unicamente il pagamento del controvalore del terreno e non anche ulteriori importi a titolo di risarcimento del danno, in considerazione del giudicato civile, che a suo tempo ha respinto la domanda risarcitoria (sia pure per equivalente)».

A fronte di quanto sopra, dunque, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto di formulare i seguenti principi di diritto:

  • “”In caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, formatosi su una sentenza irrevocabile contenente l’accertamento del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva, alle parti e ai loro eredi o aventi causa è precluso il successivo esercizio, in relazione al medesimo bene, sia dell’azione (di natura personale e obbligatoria) di risarcimento del danno in forma specifica attraverso la restituzione del bene previa rimessione in pristino, sia dell’azione (di natura reale, petitoria e reipersecutoria) di rivendicazione, sia dell’azione ex artt. 31 e 117 Cod. proc. amm. avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001.
  • Ai fini della produzione di tale effetto preclusivo non è necessario che la sentenza passata in giudicato contenga un’espressa e formale statuizione sul trasferimento del bene in favore dell’amministrazione, essendo sufficiente che, sulla base di un’interpretazione logico – sistematica della parte motiva in combinazione con la parte dispositiva della sentenza, nel caso concreto si possa ravvisare un accertamento, anche implicito, del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva e dei relativi effetti sul regime proprietario del bene, purché si tratti di accertamento effettivo e costituente un necessario antecedente logico della statuizione finale di rigetto””.

Ciò che rileva secondo l’Adunanza Plenaria, infatti, è che i due rimedi (azione di risarcimento in forma specifica e azione di risarcimento per equivalente) hanno carattere alternativo “essendo diretti all’attuazione dell’unico diritto alla reintegrazione della sfera giuridica lesa che trova la sua fonte nella medesima fattispecie di illecito”.

In altri termini, dunque, la pretesa risarcitoria, pur nella duplice alternativa attuativa, è unica, con la conseguenza che il giudicato di rigetto della prima domanda preclude una nuova azione sulla seconda.

Tale effetto preclusivo, in definitiva, “si è formato in ragione della circostanza che sull’unico diritto al risarcimento dei danni, scaturente dal medesimo fatto illecito, si è già deciso e si è ormai formato il giudicato di rigetto fondato sul motivo portante, comune ad entrambi i rimedi, dell’estinzione per prescrizione dell’unico diritto al risarcimento dei danni”.

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