Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione mettono un punto fermo sui presupposti del pagamento del sovracanone bacino imbrifero montano (BIM)

Dopo che, con la pronuncia n. 45/2020, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche aveva chiarito portata e fondamento dell’obbligo di pagamento del sovracanone BIM imposto ai concessionari di derivazioni di acqua per la produzione di energia idroelettrica in impianti superiori a 220kw di potenza nominale media, è ora arrivata la conferma della decisione da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

L’ordinanza n. 15372/2022 ha, infatti, totalmente condiviso il percorso interpretativo compiuto dal TSAP, ribadendo, perciò, la correttezza delle prospettazioni innovative fornite ai Giudicanti dagli avvocati Arcangelo Guzzo e Claudio Martino, difensori del Consorzio Piavesella di Nervesa, focalizzate su alcuni aspetti per la prima volta posti all’attenzione del Tribunale delle Acque.

La controversia aveva preso le mosse dall’intimazione di pagamento nei confronti degli utilizzatori del Canale Piavesella (prevalentemente i produttori di energia idroelettrica presso salti posti lungo lo stesso canale, utilizzatori di derivazioni a fini industriali o titolari di piccoli prelievi irrigui) del sovracanone BIM richiesto dal Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano del Piave appartenenti alla provincia di Belluno in asserita applicazione della legge n.228/2012.

La legge di stabilità per il 2013, infatti, ha prescritto all’art. 1 comma 137 che “Al fine di consentire la prosecuzione degli interventi infrastrutturali da parte dei comuni e dei bacini imbriferi montani, i sovracanoni idroelettrici, previsti ai sensi dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, sono estesi con decorrenza dal 1° gennaio 2013 a tutti gli impianti di produzione di energia idroelettrica superiori a 220 kw di potenza nominale media, le cui opere di presa ricadano in tutto o in parte nei territori dei comuni compresi in un bacino imbrifero montano gia’ delimitato.”.

Impugnata l’intimazione di pagamento innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, il Consorzio Piavesella di Nervesa aveva evidenziato come la richiesta si poneva in palese violazione del dettato normativo sopra riportato poichè l’impianto del Consorzio e le relative opere di presa, pur essendo afferenti ad un canale di derivazione del Canale Piavesella, ricadevano in un Comune posto al di fuori del Bacino Imbrifero, a nulla dovendo rilevare – come invece sostenuto dal Consorzio dei Comuni –  che le opere di presa del canale di derivazione (queste sì) ricadessero nel citato comprensorio.

Il Giudice di primo grado, tuttavia, pur riconoscendo come il corpo di fabbrica dell’impianto del Consorzio Piavesella di Nervesa fosse al di fuori del perimetro soggetto al pagamento del sovracanone, aveva interpretato la normativa in modo da considerare ivi contemplate non solo le ipotesi in cui le opere di presa ricadano direttamente nell’area BIM, ma anche quelle in cui le opere si trovino su un canale di derivazione la cui presa sia nel consorzio BIM.

In sede di appello, dunque, le tesi difensive del Consorzio Piavesella di Nervesa si sono focalizzate proprio su tale erronea interpretazione del dettato legislativo, rappresentandosi al TSAP come avallare l’interpretazione così estensiva della normativa tributaria avrebbe finito per imporre il sovracanone a soggetti estranei all’area di contribuenza.

L’appello del Consorzio Piavesella di Nervesanella è stato accolto.

Il TSAP, infatti, ha accertato l’effettiva violazione della disciplina del settore da parte del TRAP sul presupposto che, in punto di fatto, l’opera di presa di cui si discuteva non era ricompresa nel bacino imbrifero (quale territorio di interesse), chiarendosi che ciò che rileva rispetto alla possibilità di imporre un sovracanone BIM è il territorio comunale in cui ricade l’opera di presa, senza poter estendere la nozione ai luoghi in cui ricadono le prese del canale di derivazione a cui afferisce l’impianto del produttore di energia.

Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il Consorzio dei Comuni del bacino imbrifero montano del Piave appartenenti alla Provincia di Belluno, sulla base di diversi motivi, tra cui quello con cui si è contestato la statuizione del TSAP riguardante la irrilevanza, ai fini della configurazione del presupposto impositivo, della localizzazione della derivazione del canale dalla fonte interessata, risultando determinante, a tale scopo, solo la identificazione della ubicazione dell’opera di presa d’acqua dell’utente.
Secondo il ricorrente questa opera di presa dovrebbe intendersi come quella oggetto di concessione di derivazione, a prescindere dai manufatti a valle.

Questo perchè – sempre secondo le tesi del ricorrente – alla stregua, sul piano ermeneutico, dell’art. 1 della legge n. 1254/1959 (che forniva l’interpretazione autentica della legge istitutiva b. 959/1953) e dell’art. 83-bis della L.R. Veneto n. 11/2001, per opera di presa d’acqua si dovrebbe intendere quella che effettua la captazione in alveo, operata a monte della rete di distribuzione, osservandosi che l’attivazione della centrale idroelettrica non potrebbe che riferirsi ad opere di presa nuove, che non siano, cioè, quelle oggetto della concessione di derivazione principale di emungimento dell’acqua dal fiume.

Sul punto Le Sezioni Unite sono state estremamente chiare nel confutare le prospettazioni così formulate rimarcando come “l’impianto normativo rilevante ai fini della soluzione della controversia è quello attuale dell’art. 1, comma 137, della legge n. 228/2012, da interpretare nei termini precedentemente individuati, così come ravvisati dal TSAP nell’impugnata sentenza, alla cui stregua ai fini dell’obbligo del sovracanone rileva la “localizzazione dell’opera di presa dell’utente”, non l’opera, estranea a quest’ultima, che riguardi la “derivazione di un canale” sul quale la prima è allocata.

La deduzione della parte ricorrente secondo cui la nozione di opera di presa d’acqua – come fissata dall’art. 1, comma 127, della legge n. 228/2012 – andrebbe riferita a quella “oggetto della concessione di derivazione (a prescindere dai manufatti a valle)” non è condivisibile.
Infatti, l’univoca lettera della norma appena citata impone di accertare esclusivamente se le “opere di presa d’acqua ricadano in tutto o in parte nei territori dei comuni compresi” nel B.I.M., mentre, nella fattispecie concreta, l’impianto del Consorzio Piavesella di Nervesa risulta alimentato con prelievo diretto dalle fluenze del canale Piavesella, in un territorio non ricompreso nel B.I.M.

La situazione oggetto di causa non riguarda, dunque, il diverso caso dei cc.dd. impianti a cascata, concernente la coesistenza, nello stesso corso d’acqua, di più derivazioni successive, nella cui ipotesi l’utenza a valle si avvalga, per ragioni tecniche ed economiche, delle opere di presa e derivazione dell’utenza a monte.

Va, inoltre, constatato che l’art. 1 della legge n. 1254/1959, evocato dal ricorrente, è stato abrogato (dall’art. 24 del d.l. n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008) e non può, quindi, avere alcuna incidenza diretta nella risoluzione della causa in questione.

Non è, altresì, conferente – da un punto di vista interpretativo ed in funzione di un possibile diverso esito della controversia – il richiamo al citato art. 83-bis della L.R. Veneto n. 11/2001, la cui disposizione normativa non contempla il caso dell’attivazione di centrali idroelettriche su una rete di derivazione artificiale preesistente, limitandosi a disciplinare la modalità di utilizzo dell’acqua, circostanza ben diversa da quella dell’allocazione dell’opera di presa d’acqua su un canale di derivazione.“.

In conclusione, dunque, dalle parole delle Sezioni Unite in commento discende la conferma del principio di diritto già affermato dal TSAP nella sentenza n. 45/2020 ossia che ciò che rileva per una legittima pretesa impositiva del sovracanone BIM “è il territorio comunale ove sono dislocate le diverse opere di presa. Non è pertanto consentito riferire la nozione per cui è causa non alla localizzazione dell’opera di presa dell’utente, ma a quella – del tutto estranea al medesimo – che riguardi la derivazione di un canale dalla fonte interessata.”.

Leggi la sentenza del TSAP n. 45/2020

Leggi l’Ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 15372/2022




Top