Le Sezioni Unite e il principio di diritto che regola il rapporto tra usi civici, espropriazione e sdemanializzazione

Nel trattare il ricorso di due società, produttrici di energia idroelettrica, con attività svolta su terreni un tempo gravati da usi civici e poi oggetto di esproprio in favore dei danti causa delle ricorrenti, la seconda sezione della Corte di Cassazione è stata chiamata a chiarire se i beni su cui si esercitano usi civici siano assimilabili a quelli demaniali, e dunque, occorra un provvedimento apposito per renderli disponibili in assenza del quale qualsiasi atto deve dirsi invalido, o sia sufficiente la procedura espropriativa.

La questione, ritenuta della massima importanza, è stata rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria n. 34460/2022 in cui si è formulato il seguente quesito “è ammissibile l’espropriazione per pubblica utilità dei beni gravati da usi civici di dominio della collettività, prescindendo da una loro preventiva espressa sdemanializzazione? O si può ritenere sussistente una incommerciabilità (rectius: una indisponibilità) relativa di tali beni, che viene a cessare allorquando sopravvenga e si faccia valere un diverso interesse statale (o pubblico che sia), del tipo di quelli che si accertano e realizzano con il procedimento espropriativo per pubblica utilità ovvero con altri atti formali?”.

Sul punto le Sezioni Unite si sono espresse con la sentenza n. 12570 del 10 maggio 2023, in cui, preso atto del variegato quadro della giurisprudenza di legittimità e di quella costituzionale che ha trattato la materia e che è stata richiamata nell’ordinanza interlocutoria. hanno dapprima effettuato un inquadramento storico dell’istituto degli usi civici, sottolineandone la persistente attualità “(come dimostra la stessa controversa questione rimessa a queste Sezioni unite), considerata anche la progressione degli interventi normativi che si sono cronologicamente succeduti sulla materia, fino ai tempi più recenti (su cui infra), senza trascurare il rilevante dato fattuale ed oggettivo che ancora oggi – secondo attendibili stime – circa ¼ del territorio nazionale è gravato da usi civici.”.

Ripercorso, dunque, anche tutto l’iter normativo e giungendo ad esaminare lo stato della legislazione odierna, le Sezioni Uniti hanno specificato la distinta tipologia, la natura e il regime giuridico degli usi civici in modo da affrontare con la dovuta completezza la questione prospettata con i ricorsi delle società produttrici di energia idroelettrica e, dopo aver richiamato precedenti della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato e della stessa Cassazione, si è concluso che “Poiché i beni gravati da uso civico di dominio collettivo sono assimilabili a quelli demaniali (costituendone – secondo alcuni indirizzi – una particolare categoria), l’approdo ermeneutico, in relazione al loro regime giuridico sul punto, non può essere che lo stesso, nel senso che l’esperimento della procedura espropriativa per pubblica utilità, affinché possa essere ritenuta legittima, deve essere proceduta dalla preventiva “sdemanializzazione” di siffatti tipi di beni.
Pertanto la “sdemanializzazione degli usi civici collettivi” non può verificarsi – “mediatamente” – direttamente con l’esecuzione di una procedura di espropriazione per pubblica utilità e ciò anche in virtù della ragione di fondo che, a fronte della garanzia della quale godono gli interessi primari della persona (anche nella forma della soggettività collettiva, propriamente tutelata dalla disciplina degli usi civici “in re propria”), nessuno spazio può considerarsi aperto a valutazioni discrezionali di autorità amministrative o, comunque, esercenti attività di corrispondente natura, potendo e dovendo esse operare nella più stretta
osservanza delle norme e dei criteri prefissati dalla legge; il che induce a configurare i relativi provvedimenti come atti vincolati, ovvero adottabili con mera efficacia esecutiva, in virtù della funzione peculiarmente assolta.
La “sdemanializzazione” deve, quindi, realizzarsi tramite le procedure e sulla base dei criteri individuati dalla legge per ciascuna categoria di beni pubblici e non attraverso una mera comparazione di interessi pubblici connessi all’utilizzazione del bene attuata dall’autorità espropriante secondo le regole del diritto amministrativo comune.
Una diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con la disciplina e la finalità stessa degli usi civici.”.

Il principio di diritto espresso in materia è pertanto il seguente: “I diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce, essendo, perciò, necessario, per l’attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il citato decreto espropriativo che implichi l’estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull’indennità di espropriazione.“.

Leggi la sentenza n. 12570/2023 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

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