La legge delega n. 11 del 2016 sugli appalti pubblici è intervenuta anche sul tema delle varianti in corso d’opera, con l’obiettivo fondamentale di contenere il più possibile il ricorso alle variazioni progettuali.
L’intento è di favorire il contenimento della spesa pubblica ed impedire deviazioni patologiche del rapporto, che si verificano in tutti i casi in cui, con il ricorso distorto alle varianti, l’impresa – di fatto – riduce o addirittura annulla il ribasso con il quale si è aggiudicata la gara.
A tal fine il Legislatore ha previsto una più chiara distinzione tra tipologia di varianti e un più penetrante obbligo di motivazione, rafforzando anche il ruolo del Responsabile del procedimento, sulla base dei seguenti principi:
– Sulla scia del Comunicato ANAC del 24 novembre 2014, volto a fornire chiarimenti agli obblighi informativi introdotti dal D.L. n. 90 del 2014, la legge delega riconosce la distinzione tra variazioni sostanziali e non sostanziali nella fase di esecuzione dell’appalto secondo il distinguo qualitativo e non quantitativo dell’opera.
Solo le prime, infatti, introducono nuove categorie generali e/o speciali di lavori e numerosi nuovi prezzi rispetto a quanto previsto dal contratto originario, provocando un effetto discorsivo della concorrenza, poiché realizzano un’opera sostanzialmente differente da quella sulla quale è stato svolto il confronto concorrenziale, ma, per evitare di lasciare spazi a dubbi interpretativi maggiormente forieri di contenzioso, la legge delega, diversamente dalla disciplina attuale, prevede che le singole fattispecie delle variazioni sostanziali vengano espressamente enucleate.
– Con portata assolutamente innovativa la legge delega ricollega le varianti, con riguardo alla loro motivazione, unicamente a ipotesi impreviste e imprevedibili.
L’intento della legge delega, dunque, è di superare la previsione di cui all’art. 132 comma 1 del Codice, con cui si ammettevano varianti anche in caso di errore progettuale nel limite quantitativo del 20% dell’importo, ponendo l’accento sulla centralità del progetto esecutivo e responsabilizzando al massimo il progettista.
– Il provvedimento di delega pone un forte accento sul ruolo del Responsabile del procedimento, al quale, seppur con una ampia formulazione, viene riconosciuto il potere di autorizzare tutte le varianti in corso d’opera, diversamente da quanto oggi previsto ove le competenze sono divise tra diversi soggetti a seconda della tipologia e dell’ammontare della variante.
Il rafforzamento del potere decisionale del RUP si accompagna anche alla previsione per l’amministrazione committente di poter sempre, in via facoltativa e non solo nei casi di risoluzione “obbligatoria” ex art. 132 comma 4 del Codice, procedere alla risoluzione del contratto quando le variazioni superino determinate soglie rispetto all’importo originario.
– La legge delega prevede anche uno specifico regime sanzionatorio in capo alle stazioni appaltanti per la mancata o tardiva comunicazione all’ANAC delle variazioni in corso d’opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria.
E ciò non solo per le ipotesi di varianti che eccedano il 10% dell’importo originario del contratto, ma per ogni variante degli appalti sopra soglia, appunto.
Anche nella legge delega, come nella disciplina oggi in vigore, non vi è alcuna disposizione che regoli le conseguenze dell’’illegittimità o dell’inopportunità della variante per come rilevate dall’ANAC.
Nessun riferimento, infine, è stato fatto dalla legge delega agli appalti sotto soglia per i quali attualmente è previsto l’obbligo per le Stazioni appaltanti di dare comunicazione all’Osservatorio dei contratti pubblici delle varianti in corso d’opera entro 30 giorni dall’approvazione e per i quali, in caso di inadempimento è prevista l’applicazione delle sanzioni pecuniarie di cui all’art. 6 comma 11 del Codice.