Il Consiglio di Stato con la sentenza n.4249 dell’11 settembre 2015 ribadisce che il soccorso istruttorio contenuto nell’art. 46 del Codice dei Contratti pubblici può giungere fino al completamento di dichiarazioni esistenti.
Nel giudizio di primo grado, la Società ricorrente aveva rappresentato che il socio di maggioranza dell’aggiudicataria, titolare del 95% delle quote sociali, non aveva reso la dichiarazione di cui all’art. 38, primo comma, lett. m ter), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 , in violazione, quindi, di quanto espressamente richiesto dal punto 1 del disciplinare di gara, ma la Stazione appaltante aveva sostenuto di aver valorizzato il fatto che l’aggiudicataria avesse presentato tutte le dichiarazioni necessarie, esclusa solo quella di cui ora di discute, considerando, così, la dichiarazione in discorso solo incompleta ed esercitando nei confronti del concorrente il cosiddetto soccorso istruttorio.
Il Consiglio di Stato ha condiviso la ricostruzione operata dal primo giudice nell’ottica della legittimità della condotta della Stazione appaltante, osservando come l’art. 46 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 sia espressione del tradizionale principio della massima partecipazione alle gare d’appalto, necessaria per assicurare all’Amministrazione la massima concorrenza fra le imprese, e quindi, il miglior risultato economico.
In tal modo, si precisa, il Legislatore ha voluto evitare che l’aggiudicazione degli appalti avvenga sulla base di inutili formalismi, che sviano dal raggiungimento del miglior risultato sostanziale senza nulla aggiungere alla trasparenza dell’attività amministrativa, tanto che – osserva ancora il Consiglio di Stato – anche nella sentenza n. 293/2015 si ammette esplicitamente che il soccorso istruttorio può giungere fino al completamento di dichiarazioni esistenti.
Alla luce degli appena rappresentati principi di diritto, quindi, il Collegio, accertato che l’aggiudicataria non aveva occultato alcuna circostanza significativa, trovandosi, viceversa nelle condizioni di legge per partecipare all’appalto, ha concluso affermando che l’incompletezza della dichiarazione era palesemente ascrivibile ad errore materiale e, in tale situazione, non ammetterla a beneficiare del soccorso istruttorio avrebbe comportato l’affidamento della conclusione del contratto ad adempimenti di mera forma, allontanando la conclusione del procedimento dal suo obiettivo, costituito, piuttosto, dall’individuazione della migliore offerta.
Tra l’altro, ha precisato opportunamente il Collegio, i suddetti principi sono ulteriormente sottolineati nell’evoluzione legislativa successiva ai fatti di causa, in quanto l’art. 38, comma secondo bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 , introdotto dall’ art. 39, primo comma, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 , ha stabilito che “la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 Euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.
Nonostante, infatti, la suddetta sanzione prevista dalla norma appena riportata non può applicarsi “ratione temporis” alla controversia all’esame del Consiglio di Stato, il Collegio ha specificato che la disposizione è chiara espressione dell’evoluzione legislativa volta a privilegiare gli aspetti sostanziali delle vicende amministrative, nel solco tracciato dall’ art. 21 octies della L. 7 agosto 1990, n. 241.
Infine il Collegio ha concluso osservando come – nel caso specifico – il soccorso istruttorio fosse giustificato anche dalla circostanza per cui, avendo l’aggiudicataria espressamente dichiarato il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, la Stazione appaltante aveva avuto immediatamente a disposizione un atto dal quale si ricavava la situazione personale del socio di maggioranza, rispetto alla quale si era, altresì, proceduto anche a verificare (oltre che in relazione a tutti i partecipanti alla gara) l’eventuale presenza, sul casellario informatico consultabile presso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti della Pubblica Amministrazione, di annotazioni ostative alla stipula del contratto ai sensi dell’ art. 38 del codice degli appalti, accertando la loro insussistenza.
La decisione di procedere al soccorso istruttorio è stata, quindi, per il Collegio legittima pur anche sotto l’aspetto dell’espletata istruttoria, considerata adeguata ed idonea al caso concreto.