Il Consiglio di Stato, con la sua V Sezione, ha precisato, nella sentenza n. 2790 del 20 marzo 2023, quali debbano essere i presupposti affinchè le sanzioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione siano legittime dal punto di vista delle motivazioni addotte.
In un caso, infatti, in cui si discuteva dell’interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto, nonché dell’iscrizione nel casellario informatico, i giudici amministrativi hanno preliminarmente ribadito come tali decisioni nello specifico e il potere in via generale esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 abbiano indubbiamente natura sanzionatoria e afflittiva.
A tal proposito, quindi, si è precisato in sentenza come ai fini del correlativo legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge debbano ritenersi immanenti i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che devono essere esplicitati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio, ribadendosi quanto già affermato dalla giurisprudenza proprio della V Sezione del Consiglio di Stato, ossia come occorra “considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo l’esclusione dalle procedure di gara e degli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere, lo si ripete, natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480)” (v. la già citata Cons. Stato, sez. V, n. 491 del 2022).”.
Proprio in forza di tali rilievi, pertanto, il ragionamento del Consiglio di Stato ha concluso sostenendo come: “a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale; b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.”.
Del resto l’art. 18.1 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC statuisce che: “Il dirigente, acquisiti tutti gli elementi di fatto e valutata la sussistenza o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave e, per i casi di falso, tenuto conto della gravità dei fatti oggetto di falso…”.
Proprio nell’applicare i suddetti principi al caso sottoposto al suo esame, allora, il Consiglio di Stato ha ritenuto di condividere la decisione del giudice di prima istanza, il quale aveva fondato il decisum sul mancato assolvimento dell’onere motivazionale della delibera impugnata, con riferimento alla omessa illustrazione delle ragioni per cui l’ANAC ha ritenuto sussistere la colpa grave nella condotta della società poi sanzionata, e della omessa pronuncia sulle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare la scusabilità dell’errore commesso.
Sul punto, le motivazioni della decisione del Consiglio di Stato sono state particolarmente puntuali, evidenziando con precisione le diverse mancanze dell’Autorità Anticorruzione in sede di motivazione delle sanzioni inflitte, chiarendo come “Non può predicarsi, come diversamente sostiene l’Autorità appellante, che la motivazione sulla colpa grave possa desumersi implicitamente dalla descrizione della condotta posta in essere dalla società incolpata. E neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall’Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall’operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3385).
Invero, il giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione avrebbe imposto la valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave in relazione alla ‘gravità’ dei fatti oggetto di falso, tenuto conto dei rilievi difensivi esposti dalla società -OMISSIS- s.r.l.
L’ANAC, stante la natura sanzionatoria del procedimento, e tenuto conto del fatto che nel comminare una sanzione si effettua una valutazione discrezionale, era tenuta a motivare adeguatamente “i profili di gravità dei fatti oggetto di falso ai fini di una declaratoria di gravità della colpa”.
Tale motivazione avrebbe dovuto essere necessariamente correlata con le risultanze dell’istruttoria, stante il legame tra il provvedimento finale e gli esiti procedimentali.
Il Legislatore ha, infatti, posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale ‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi vaglio critico.
L’esame delle osservazioni difensive della -OMISSIS- s.r.l. finalizzate a rappresentare l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla illiceità del fatto, avrebbe assunto rilievo decisivo, ai fini di un giudizio sulla colpa grave, in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, ciò anche al fine di accertare se il trasgressore avesse fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto stabilito dalla lex specialis.
7.3. Va, inoltre, evidenziato che il profilo motivazionale della delibera impugnata avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, posto che l’ANAC ha ritenuto di applicare più sanzioni (interdittiva e pecuniaria) alla autrice delle false dichiarazioni, così discostandosi dalla determinazione dell’applicazione di un’unica misura sanzionatoria, sicché sarebbe stato necessario spiegare per quale motivi i parametri che si erano giudicati meritavano un intervento così incisivo.
Non può non rilevarsi che l’applicazione della sanzione pecuniaria, contestualmente alla interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, nonché l’annotazione nel casellario informatico, avrebbero implicato un approfondimento motivazionale sulla valutazione della gravità della condotta, in relazione, come si è detto, al profilo della colpa grave, che necessitava di essere adeguatamente esplicitato, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo di tale discrezionalità che, in assenza di idonea argomentazione, ha perso la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità.
Una corretta motivazione del provvedimento sanzionatorio avrebbe, altresì, consentito di agevolare il sindacato giurisdizionale, permettendo la verifica della legittimità della valutazione dell’operato dell’amministrazione.”.