La davvero significativa pronuncia n. 45/2020 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, pubblicata il 21 marzo scorso, chiarisce la portata ed il fondamento dell’obbligo di pagamento del sovracanone BIM imposto ai concessionari di derivazioni di acqua per la produzione di energia idroelettrica in impianti superiori a 220kw di potenza nominale media.
La decisione, che segue altre sul tema emesse anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, ma che avevano sempre respinto le istanze dei produttori di energia, si caratterizza per la sua portata innovativa, avendo pienamente accolto le prospettazioni degli avvocati Arcangelo Guzzo e Claudio Martino, difensori del Consorzio Piavesella di Nervesa, focalizzate su alcuni aspetti per la prima volta posti all’attenzione del Tribunale delle Acque.
La controversia ha preso le mosse dall’intimazione di pagamento nei confronti degli utilizzatori del Canale Piavesella (prevalentemente i produttori di energia idroelettrica presso salti posti lungo lo stesso canale, utilizzatori di derivazioni a fini industriali o titolari di piccoli prelievi irrigui) del sovracanone BIM richiesto dal Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano del Piave appartenenti alla provincia di Belluno in asserita applicazione della legge n.228/2012.
La legge di stabilità per il 2013, infatti, ha prescritto all’art. 1 comma 137 che “Al fine di consentire la prosecuzione degli interventi infrastrutturali da parte dei comuni e dei bacini imbriferi montani, i sovracanoni idroelettrici, previsti ai sensi dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, sono estesi con decorrenza dal 1° gennaio 2013 a tutti gli impianti di produzione di energia idroelettrica superiori a 220 kw di potenza nominale media, le cui opere di presa ricadano in tutto o in parte nei territori dei comuni compresi in un bacino imbrifero montano gia’ delimitato.”.
Impugnata l’intimazione di pagamento innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, il Consorzio Piavesella di Nervesa aveva evidenziato come la richiesta si poneva in palese violazione del dettato normativo sopra riportato poichè l’impianto del Consorzio e le relative opere di presa, pur essendo afferenti ad un canale di derivazione del Canale Piavesella, ricadevano in un Comune posto al di fuori del Bacino Imbrifero, a nulla dovendo rilevare – come invece sostenuto dal Consorzio dei Comuni – che le opere di presa del canale di derivazione (queste sì) ricadessero nel citato comprensorio.
Il Giudice di primo grado, tuttavia, ha ritenuto valide le ragioni del Consorzio resistente e pur riconoscendo come il corpo di fabbrica dell’impianto del Consorzio Piavesella di Nervesa fosse al di fuori del perimetro soggetto al pagamento del sovracanone, ha interpretato la norma in modo tale da considerare ivi contemplate non solo le ipotesi in cui le opere di presa ricadano direttamente nell’area BIM, ma anche quelle in cui le opere si trovino su un canale di derivazione la cui presa ricada nel consorzio BIM.
Su tale erronea interpretazione del dettato legislativo si sono, dunque, focalizzate le prospettazioni dei difensori del Consorzio Piavesella di Nervesa, che anno sottolineato come una interpretazione così estensiva della normativa tributaria si riveli del tutto inammissibile, posto che si finirebbe per imporre il sovracanone a soggetti estranei all’area di contribuenza e con riguardo alla localizzazione di opere di presa di derivazione parimenti del tutto estranee agli utenti a cui si richiede il pagamento.
Il TSAP ha operato una completa disamina dell’impianto normativo in materia di opere di presa, partendo proprio dal dettato legislativo del Codice Civile e del T.U sulle Acque Pubbliche e pure opportunamente richiamando gli insegnamenti giurisprudenziali sul punto.
Si è, così, giunti a condividere del tutto le argomentazioni del Consorzio Piavesella di Nervesa, chiarendosi che ciò che rileva rispetto alla possibilità di imporre un sovracanone BIM è il territorio comunale in cui ricade l’opera di presa, senza poter estendere la nozione ai luoghi in cui ricadono le prese del canale di derivazione a cui afferisce l’impianto del produttore di energia.
“Non è, infatti, a quest’ultima nozione che la norma ha riguardo, ma alla nozione esatta di ubicazione della presa come tale, come esposto”.
Così ha concluso il TSAP, dunque, accogliendo l’appello del Consorzio Piavesella di Nervesa.