Opere dei gestori di pubblici servizi e argini dei corsi d’acqua gestiti dai Consorzi: la giurisprudenza precisa la normativa applicabile in materia di distanze

La domanda, avanzata dal Consorzio di Bonifica Delta del Po, assistito dall’avvocato Arcangelo Guzzo, e volta ad accertare che una serie di palificazioni infisse da Telecom Italia SPA di cui si chiedeva la rimozione avevano le caratteristiche delle costruzioni o comunque delle opere che, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.133 lett. e) del R.D. n. 368/1904, possono “alterare lo stato, la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all’uso a cui sono destinati gli argini e loro accessori e manufatti attinenti, od anche indirettamente degradare o danneggiare i corsi d’acqua, le strade, le piantagioni e qualsiasi altra dipendenza di una bonificazione”, è stata l’occasione per il Tribunale di Rovigo di precisare l’ambito di applicazione della normativa in tema di distanze tra opere e argini dei corsi d’acqua.

In particolare la sentenza ha chiarito quali manufatti rientrino nella casistica del R.D. n. 368/1904 (artt. 133 e seguenti) e, accogliendo le tesi difensive del Consorzio, ha stabilito che le palificazioni sono in tutto e per tutto assimilabili alle “fabbriche”.

Le palificazioni, infatti, non sono costituite da una semplice struttura cilindrica infissa nel terreno, ma sono ancorate al terreno mediante uno o più tiranti d’acciaio, che a loro volta ampliano considerevolmente l’ingombro complessivo, impedendo o comunque rendendo così difficoltosa l’attività pubblica di manutenzione da parte del Consorzio di Bonifica.

Deve dunque ritenersi applicabile la distanza di rispetto “di metri 4 a 10 per i fabbricati, secondo l’importanza del corso d’acqua”; importanza che deve ricavarsi dal regolamento di polizia idraulica del singolo Consorzio di Bonifica.

Inoltre, il Tribunale di Rovigo ha chiarito che il Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. 259/2003, lungi dal conferire diritti soggettivi assoluti agli esercenti i servizi a rete, stabilisce soltanto la regolazione del necessario accesso al suolo mediante un apposito procedimento amministrativo, in cui sono coinvolte tutte le PA interessate, tra cui anche il Consorzio di Bonifica (art. 49 d.lgs. cit.).

Di notevole rilievo poi è la parte della decisione in cui il Tribunale ha rimarcato che, in casi come quello discusso, oggetto di tutela primaria debba riservarsi all’interesse pubblico della più funzionale ed efficace manutenzione di argini, sponde, corsi d’acqua e canali, in relazione al rischio di esondazione e al naturale deflusso delle acque.

Interesse pubblico che prevale rispetto a quello dell’operatore di telefonia, che non può pertanto considerarsi esentato dall’obbligo di conseguire dal Consorzio tutte le necessarie autorizzazioni di legge e di rispettare i regolamenti di polizia idraulica adottati dai Consorzi stessi.

Leggi la sentenza del Tribunale di Rovigo n. 59/2025

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