Rimesso alla Plenaria un quesito sul vincolo paesaggistico in ordine ai fiumi, torrenti o corsi d’acqua minori e alle aree limitrofe sopraelevate

Il contenzioso sorto per il silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentato da un’impresa, che aveva realizzato un capannone all’interno di un area fluviale ad una distanza inferiore a 150 metri e a un’altezza di 8,73 mt senza preventivo rilascio del nulla osta paesaggistico ambientale, ha determinato il Consiglio di Stato a rimettere all’Adunanza Plenaria un quesito sulla necessità di tutela paesaggistica dei terreni elevati sulle sponde dei fiumi.

L’impresa infatti contestava che le opere eseguite, ricadendo su terreni elevati sulla sponda di un fiume, potessero essere assoggettate al dettato dell’art. 142, 1 comma, lett. c) del d.l.vo 42/2004 che impone vincolo paesaggistico per “i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna“, senza fare alcun riferimento ai terreni elevati come invece fatto per mare e laghi nella lettera a) e b) del medesimo articolo.

In altre parole, secondo le tesi dell’impresa costruttrice del manufatto, la lettera c) dell’art. 142 non sottoporrebbe a vincolo qualsiasi terreno o area frontistante il corso d’acqua, ma unicamente quei terreni e quelle aree che possano essere qualificati come “sponde o piedi degli argini”, e per una fascia di 150 metri ciascuna.

La questione di interpretazione della norma ha assunto quindi per il Consiglio di Stato carattere dirimente.

Da un lato, infatti, si è osservato come la lettera della legge e il confronto tra le tre fattispecie ivi enucleate sembrerebbe far concludere per la scelta del Legislatore di delimitare l’oggetto del vincolo paesaggistico in maniera diversa per i territori costieri, contermini lacuali e fluviali, indicando che, nella terza ipotesi, la profondità di 150 metri, assoggettata al vincolo paesaggistico, vada computata dal limitare della sponda o del piede dell’argine, escludendo intenzionalmente i terreni sopraelevati. 

Laddove infatti, il dislivello dei terreni frontistanti al corso d’acqua sia tale da mettere tali terreni al riparo dalle piene anche straordinarie, si sarebbe fuori dall’ipotesi di «sponde» e «argini» e per tale ragione essi sarebbero esclusi dal vincolo, in virtù dell’interpretazione strettamente letterale della disposizione.

Interpretazione, ha sottolineato comunque il Consiglio di Stato, che non può essere superata relegando la formulazione testuale a una mera e occasionale imprecisione terminologica poichè tale impostazione è stata ripetutamente riprodotta in successivi testi legislativi.

Il che porta viceversa a concludere che il differente trattamento sia scelta consapevole di configurare la fascia di tutela paesaggistica in maniera diversa, assoggettando a vincoli più estesi i «territori», anche «sopraelevati», contermini a mare e laghi, rispetto ai corsi d’acqua, per i quali il vincolo risulta limitato ad una fascia che si diparte da «sponde o piedi degli argini».

Scelta questa che “(…) potrebbe trovare origine nella necessità di bilanciamento di interessi contrapposti (valorizzazione dell’equilibrio paesaggistico del contesto territoriale di riferimento, in termini di visuali panoramiche prospettanti sugli elementi vegetazionali e orografici caratterizzanti, da un canto, e tutela delle attività agricole e produttive nei pressi dei corsi d’acqua, dall’altro), del tutto peculiare in un territorio (quello italiano) a del tutto peculiare in un territorio (quello italiano) attraversato da una quantità notevolissima di corsi d’acqua, con conseguente consapevole scelta di contenere, in questo caso, l’estensione del vincolo. (…)”.

A fronte di tali argomentazioni, tuttavia, sotto altro profilo, il Consiglio di Stato ha evidenziato come, insistendo sulla interpretazione letterale “(…) non mediata da considerazioni interpretative diverse, si finirebbe per produrre un vulnus alla tutela del paesaggio, affermata dall’art. 9 Cost.

E difatti, proprio in ragione della pluralità di corsi d’acqua presenti sul territorio nazionale, una ampia parte del paesaggio – quella, cioè, rappresentata dai terreni posti lungo i corsi d’acqua ma sopraelevati rispetto ad essi – finirebbe per essere sottratta ai vincoli di tutela paesaggistica.

Né sembra esservi ragione per diversificare – sotto il profilo paesaggistico – i terreni sopraelevati sul mare e sui laghi (sottoposti a vincolo) e quelli sopraelevati lungo i fiumi (che, accedendo all’interpretazione letterale innanzi evidenziata finirebbero per risultarne esclusi).

Anche l’argomento sopra evidenziato – vale a dire quello secondo il quale il legislatore avrebbe inteso operare una sorta di “compensazione” tra il diritto di proprietà e la tutela paesaggistica, in ragione dell’elevato numero di corsi d’acqua interessanti il territorio nazionale – si presta, d’altra parte, alla critica che altrettanto il legislatore non ha fatto per i terreni sopraelevati sul mare, pur in presenza di un Paese con notevole estensione costiera.

Nondimeno, potrebbe ipotizzarsi una diversa e più ampia lettura dei termini “sponda” ed “argine”, dando ad essi un significato differente da quello comunemente accolto, sia sul piano linguistico che tecnico. (…)”.

In conclusione quindi il Consiglio di Stato, rilevando che il punto di diritto sottoposto al proprio esame potrebbe determinare l’insorgere di un contrasto giurisprudenziale, peraltro su una tematica particolarmente rilevante tale da costituire “questione di massima”, ha ritenuto opportuno deferire il ricorso all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, per ottenere un chiarimento interpretativo sulla base del seguente quesito:

“se, in relazione a fiumi, torrenti o corsi d’acqua cd. «minori», debbano intendersi soggette al vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004 unicamente le porzioni di aree ricomprese nei 150 metri a partire dai piedi degli argini e dalle sponde, con esclusione delle aree sopraelevate.”

Leggi la sentenza n. 2766/2025

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