Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 546/2020, prende definitivamente posizione sulla questione del rito c.d. superaccelerato relativo all’impugnazione dei provvedimenti di ammissione e di esclusione dalle gare di appalto, condividendo e riprendendo le argomentazioni esposte dalla Corte di Giustizia nell’ordinanza del 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, e sottolineandosi come la decisione comunitaria abbia ben individuato il punto di equilibrio fra esigenze di celerità del giudizio e tutela effettiva del diritto di difesa nella condizione che l’operatore economico sia stato messo in grado di conoscere agevolmente tutti gli elementi necessari per verificare la correttezza dell’operato della stazione appaltante.
Per il Consiglio di Stato, infatti, la decorrenza del termine decadenziale di ricorso deve essere vincolata ad una sufficiente conoscenza (o, quanto meno, ad una agevole conoscibilità) degli elementi necessari a formulare una efficace difesa e si evidenzia come, in tal senso, il codice degli appalti preveda precise regole finalizzate a mettere i concorrenti in grado di conoscere i documenti di gara, compresi quelli allegati alle offerte, indispensabili per attivare tempestivamente il rimedio giurisdizionale.
Più nello specifico, l’art. 29 stabilisce gli obblighi di pubblicazione e comunicazione gravanti sulla stazione appaltante, puntualmente correlati al funzionamento del rito speciale di cui all’art. 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, cosicchè, in mancanza di una prova rigorosa circa l’effettiva conoscenza di tali elementi documentali, il termine per la proposizione del ricorso non inizia affatto a decorrere, a nulla rilevando la circostanza che l’interessato, ricevuta la notizia dell’intervenuta pubblicazione del provvedimento recante le ammissioni, avrebbe potuto esercitare il diritto di accesso ai documenti della procedura.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, “la compressione dei tempi per l’esercizio del diritto di difesa, prevista dal particolare rito, giustifica in questo caso uno spostamento in capo alla stazione appaltante dell’onere di rendere conoscibili non solo gli effetti dispositivi degli atti di gara, ma anche gli elementi fattuali e giuridici presupposti (necessari per valutare consapevolmente l’esistenza di eventuali profili di illegittimità, ed articolare efficacemente le relative censure): di talché la dequotazione dell’accesso non è irragionevole, ma funzionale a garantire il complesso assetto su cui si fonda la compatibilità del rito con le garanzie rimediali imposte dal diritto dell’U.E..”.
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