Sulla possibilità di applicare l’informativa antimafia ad una persona fisica che non riveste la qualità di imprenditore

Con la sentenza n. 2212 de 2 marzo 2023, il Consiglio di Stato ha puntualizzato i limiti applicativi della disciplina antimafia in relazione al profilo soggettivo dei destinatari dell’interdittiva.

Era infatti giunto all’esame del giudice amministrativo il caso di un libero professionista, architetto, che avendo ricevuto un incarico professionale da un Comune, era stato poi raggiunto da una informazione antimafia a contenuto interdittivo emessa dalla Prefettura proprio su richiesta del Comune, essendo emersi a carico del professionista reati aggravati risalenti ad anni precedenti.

ln primo grado, il TAR, “considerato che il punto risolutivo della controversia verte unicamente sulla questione se la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società possa essere destinatario di una informativa antimafia di tipo interdittivo”, ha ritenuto che dovesse darsi “risposta negativa al suddetto interrogativo”.

Il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale di Governo competente hanno quindi proposto appello, sostenendo che nel caso di specie non sussistesse alcun motivo per escludere il professionista dall’applicazione della disciplina antimafia, anche alla luce del valore del contratto e l’oggetto dello stesso.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha dapprima sottolineato l’errore prospettico delle difese delle amministrazioni, chiarendo come “il problema va posto non sul terreno della limitazione dell’ambito applicativo (o comunque dell’eccezione rispetto ad esso), bensì – prima ancora – sul piano della esatta perimetrazione di quest’ultimo”.

Ed invero la questione giunta all’esame del Consiglio di Stato non è propriamente quella della esclusione o meno dei contratti dei liberi professionisti, ma quella dell’assoggettabilità di tale ultima categoria alla disciplina dell’istituto dell’informativa, posto che, come sottolineato in sentenza “prima di potersene affermare l’esclusione in determinati casi, occorre aver risolto positivamente il quesito – logicamente presupposto – relativo all’astratta inclusione.”.

Fermo pertanto tale presupposto ed esaminata la delimitazione delle categorie di soggetti che possono essere attinti dal provvedimento limitativo della loro capacità giuridica speciale, la sentenza precisa come “Il principio di tassatività – che deve regolare l’esercizio del potere (in punto di ricognizione dei possibili destinatari del provvedimento interdittivo) – impedisce che l’incapacità giuridica relativa recata dal provvedimento afflittivo di cui si tratta possa essere – per soggetti non contemplati come destinatari dalla disposizione attributiva del potere – un effetto non espressamente previsto dalla legge, ma desunto per implicito da un’interpretazione sistematica (peraltro, come si dirà, ancorata a parametri disomogenei, quali il valore e l’oggetto dei contratti) che comporti la conseguenza dell’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della stessa.

Continua, infatti il provvedimento del Consiglio di Stato specificando come “Il principio di legalità impone inoltre che nell’esegesi di una simile disposizione il dato letterale non venga superato, in senso afflittivo e limitativo delle libertà dei soggetti interessati, da un’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione non espressamente contemplata dal legislatore”.

Non può, conseguentemente, condividersi il ragionamento delle amministrazioni appellanti, che mira ad un confronto sistematico tra l’ambito applicativo dell’informativa e parametri quali il valore del contratto e l’oggetto dello stesso, perchè una tale operazione ermeneutica è a priori impedita dalla radicale esclusione dei soggetti che non siano imprenditori dall’ambito applicativo della disciplina antimafia (quale che sia, evidentemente, il valore o l’oggetto del contratto).

Leggi la sentenza del Consiglio di Stato n. 2212/2023

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