Con la sentenza n. 10 del 19 febbraio 2020 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha specificato limiti, condizioni e modalità operative dell’accesso agli atti nei contratti pubblici e ciò sia in relazione a quanto disposto dalla L. n.241/1990 che di quanto stabilito dal D.Lgs. n.97/2016, con cui si è introdotto l’accesso civico generalizzato.
La vicenda sottoposta all’esame dei Giudici di Palazzo Spada ha preso le mosse da un’istanza, inoltrata ad una Stazione appaltante da parte di un’impresa che aveva partecipato ad una gara, classificandosi al secondo posto, e con la quale si era chiesto il rilascio di documenti relativi all’esecuzione dell’appalto affidato alla prima in graduatoria.
La dichiarata finalità dell’accesso era quella di verificare se l’esecuzione del contratto si stesse svolgendo nel rispetto del capitolato tecnico e dell’offerta migliorativa presentata dall’aggiudicataria, poiché l’accertamento di eventuali inadempienze dell’appaltatore avrebbe determinato l’obbligo della pubblica amministrazione di procedere alla risoluzione del contratto.
Nell’istanza, l’impresa richiedente non aveva richiamato espressamente la disciplina dell’accesso documentale, prevista dalla L. n. 241/1990, nè aveva fatto riferimento specifico all’accesso civico generalizzato, introdotto dal D.Lgs. n. 97 /2016 e il diniego di accesso, opposto dalla pubblica amministrazione, è stato motivato sulla circostanza per cui “la documentazione richiesta concerne una serie di dati inerenti ad aspetti relativi all’esecuzione del rapporto contrattuale scaturito dalla gara in oggetto, e perciò ricompresi nel concetto più generali di atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici”, con la conseguente applicazione dei limiti, stabiliti dalla l. n. 241/1990, tra i quali la necessaria titolarità, in capo al richiedente l’accesso, di un interesse qualificato, che, secondo la Stazione appaltante, non sarebbe stato dimostrato dall’impresa richiedente.
In ogni caso, sempre secondo la Stazione appaltante, l’istanza di accesso non si sarebbe potuta accogliere nemmeno in base alla disciplina dell’accesso civico generalizzato, poiché tale normativa non troverebbe applicazione nel settore dei contratti pubblici.
Il giudizio di primo grado dinanzi al TAR per la Toscana è stato definito con una pronuncia di rigetto del ricorso in considerazione che “l’interesse della ex partecipante alla gara può configurarsi solo nel rispetto delle condizioni e dei limiti dell’accesso ordinario”, condizioni nel caso di specie ritenute non sussistenti.
Con la sentenza n.10/2020, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, alla quale la terza sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n.8501/2019, aveva deferito alcune questioni interpretative, ha concluso nel senso che:
a) su un piano generale, la pubblica amministrazione destinataria di un’istanza di accesso, formulata in modo generico (senza riferimento, quindi, nè all’accesso “tradizionale” nè all’accesso civico generalizzato) oppure – al contrario – contenente una richiesta cumulativa richiamando entrambi gli istituti, ha, comunque, il potere–dovere di esaminarla nella sua interezza, anche con riferimento alla disciplina dell’accesso civico generalizzato;
b) il principio generale non trova applicazione laddove l’istante abbia fatto univoco riferimento alla disciplina dell’accesso di cui alla L. n. 241/1990, poichè in tal caso la richiesta sarà valutata unicamente alla luce delle disposizioni della normativa citata e non già anche con riferimento all’accesso civico generalizzato;
c) il perimetro della domanda processuale si cristallizza con l’istanza del richiedente e con il provvedimento di rigetto dell’amministrazione, rimanendo, dunque, preclusa al giudice ogni forma di mutatio libelli;
d) quanto alla valutazione come interesse qualificato, quello che assiste un’istanza avanzata da un’impresa che abbia partecipato ad una gara e che intenda conoscere atti e documenti della fase esecutiva del rapporto tra la pubblica amministrazione e l’impresa aggiudicataria, deve sì inquadrarsi in un interesse concreto e attuale (con conseguente legittimazione) di tale impresa concorrente a chiedere ed ottenere l’esibizione degli atti, ma ciò solo laddove, sul piano oggettivo, si tratti di vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e sempre che tale istanza non si traduca, sul piano soggettivo, in una generica volontà da parte del terzo di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;
e) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del Codice dei Contratti Pubblici, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della L. n. 241/1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.
Leggi la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2020