Affidamento dei servizi legali: il parere del Consiglio di Stato sulle Linee Guida ANAC

Prosegue l’iter per l’approvazione definitiva delle Linee Guida da parte dell’Autorità Nazionale Anicorruzione in ordine all’affidamento dei servizi legali.

Il Consiglio di Stato, con il parere n. 2017 del 3 agosto 2018, si è espresso sul provvedimento amministrativo dell’Autorità che, alla luce dei criteri interpretativi già espressi dal medesimo Consiglio di Stato, non avrebbe, comunque, natura vincolante.

L’avvio della consultazione da parte di ANAC per individuare le procedure da espletare per l’affidamento dei servizi legali risale ormai al 10 aprile 2017 e una tale necessità è stata determinata dall’esigenza “di intervenire per l’esistenza di dubbi interpretativi insorti negli operatori del settore in seguito all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici che ha profondamente innovato la materia dell’affidamento dei servizi legali, oltre che per la riscontrata disomogeneità dei procedimenti amministrativi seguiti dalle diverse amministrazioni per l’affidamento dei servizi in questione.”, come si legge nel testo del parere del Consiglio di Stato.

Con un primo pronunciamento del 6 ottobre 2017 (parere n. 2019) il Consiglio di Stato si era riservato di esprimere un giudizio definitivo sul provvedimento dell’ANAC, ritenendo opportuno sollecitare l’intervento del Consiglio Nazionale Forense, del Ministero della Giustizia, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

I relativi pareri sono stati acquisiti e trasmessi, cosicchè lo scorso 3 agosto il Consiglio di Stato si è potuto pronunciare definitivamente sulle Linee Guida predisposte dall’Anac per l’affidamento dei servizi legali.

L’analisi ha preso le mosse dall’individuazione: a) della tipologia di contratti che possono essere stipulati tra pubblica amministrazione e avvocati; b) delle norme del Codice dei contratti a tali accordi applicabili; c) della modalità di attuazione concreta delle suddette norme.

In primo luogo, sul rilievo che il contratto d’opera intellettuale (artt. 2229 e ss.) è l’ordinaria modalità attraverso la quale i servizi legali vengono prestati, è stato sottolineato come la prevalenza del lavoro personale sull’organizzazione dei mezzi è ragione dell’intuitus personae, e, proprio in forza di ciòil cliente decide di affidarsi a quel professionista riconoscendone le capacità nell’esecuzione della prestazione.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha osservato come i servizi legali, avendo riguardo alla funzione concreta perseguita dalle parti, potrebbero essere resi anche in un contesto negoziale differente, come quello del contratto di appalto di servizi, il quale presuppone che l’appaltatore, invece, esegua la prestazione servendosi dell’organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio (art. 1655 cod. civ.).

Questa ipotesi, si precisa nel parere, “si verifica quando il cliente richiede una prestazione continuativa che viene resa da uno o più professionisti organizzati che si impegnano a trattare l’intero contenzioso del cliente stesso. In questo caso si tratta di un vero e proprio “servizio”, vale a dire la messa a disposizione di una struttura imprenditorialmente organizzata destinata a soddisfare i bisogni del committente di volta in volta che essi si presentano. L’oggetto della prestazione, quindi, è predeterminato quanto alla sua natura giuridica (attività legale) ma il suo contenuto non è predeterminato al momento dell’affidamento del servizio, bensì si definisce al bisogno.”

Può, quindi, ben verificarsi che la pubblica amministrazione, in ragione delle sue dimensioni organizzative e delle attività che esercita, necessiti di ricorrere ad un vero e proprio appalto di servizi, soprattutto quando le rilevanti dimensioni dell’ente e la natura seriale e frequente dei contenziosi che lo riguardino rendono opportuno affidarsi “ad un insieme di professionisti, organizzato, che sia disponibile a trattare tutte le controversie nelle quali l’ente dovesse essere coinvolto.”

In tal caso, pertanto, deve ritenersi configurabile un “incarico di consulenza e di assistenza a contenuto complesso, inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulle base dei bisogni dell’ente (Cons. Stato , sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730)”, mentre laddove una pubblica amministrazione, di dimensioni non rilevanti, che ha competenze in diversi settori e che solo raramente è coinvolta in vicende contenziose, avrà, piuttosto necessità di conferire, solo quando ciò accada, un incarico singolo ad un professionista individuato allo scopo di difesa in quel giudizio (o per la consulenza in vista di quel preciso giudizio).

Poste tali premesse, relative alle tipologie negoziali applicabili nel settore degli affidamenti dei servizi legali, il Consiglio di Stato, dunque, ha esaminato quali norme del Codice degli Appalti possano applicarsi ai casi menzionati.

In proposto è stato specificato che “In presenza di un contratto di appalto di servizi propriamente detto si applicano le “regole” poste dal Allegato IX del Codice Appalti che, rispetto a quelle generali del Codice, si caratterizzano per la previsione di forme procedimentali semplificate afferenti, in particolare, alle modalità di pubblicità”, avvertendosi, però, che laddove si sia in presenza di  un contratto d’opera professionale, deve porsi il problema di verificare se il contratto di affidamento debba qualificarsi come “escluso” dal Codice (e quindi sottoposto al solo rispetto dei principi generali) ovvero come “estraneo” (e in quanto tale non sottoposto a regole o principi), concludendosi, dopo un’attento esame degli articoli 4 e 17 del Codice degli Appalti, che “i contratti aventi ad oggetto servizi legali, espressamente menzionati nell’art. 4, sono soggetti al rispetto dei principi generali del Codice anche quando non costituiscono appalti”.

Essi sono, pertanto, “esclusi” e non “estranei”, anche se non rappresentano un servizio legale vero e proprio.

Il ragionamento del Consiglio di Stato prosegue, poi, proprio sulla base dei principi generali del Codice, affrontando la disamina delle indicazioni fornite da ANAC sui servizi legali.

Sul punto le Linee Guida suggeriscono alle stazioni appaltanti di predisporre un elenco di professionisti dal quale attingere al momento del conferimento dell’incarico, eventualmente suddivisi per settore di competenza e costituiti mediante una procedura trasparente e aperta, resa pubblica mediante il sito istituzionale.

Precisa in proposito il Consiglio di Stato, tuttavia, che l’elenco  di professionisti deve in ogni caso essere realmente idoneo a garantire un effettivo confronto concorrenziale, cosicchè secondo il parere,  “i criteri di selezione devono muovere dalla valutazione del curriculum professionale e delle esperienze in relazione alla competenza funzionale dell’amministrazione. In questa ottica, appare utile che l’elenco – pubblicato sul sito istituzionale, sempre aperto e suscettibile di integrazione e modificazione – sia accompagnato da brevi schede che riassumano la storia professionale dell’aspirante affidatario. I profili da valorizzare nella scelta del professionista sono: i) l’esperienza e la competenza tecnica, da intendersi come competenza nella materia oggetto del contenzioso ovvero, anche, della questione rilevante per la sua soluzione); ii) la pregressa proficua collaborazione con la stessa stazione appaltante in relazione alla medesima questione; iii) il costo del servizio, nel caso in cui, per l’affidamento di uno specifico incarico, sia possibile riscontrare una sostanziale equivalenza tra diversi profili professionali.”

Il Consiglio di Stato suggerisce, così, di rivedere le Linee Guida laddove è individuato quale criterio prioritario per l’individuazione del professionista già inserito nell’elenco quello di rotazione, solo contemperabile con «la necessità di tener conto delle specifiche competenze tecniche richieste per lo svolgimento dell’incarico», poichè, si osserva,  “il criterio della rotazione difficilmente può essere attuato «in modo da poter assicurare una scelta rispettosa delle competenze tecniche necessarie per il caso concreto o una scelta diretta di un professionista iscritto nell’elenco purché motivata». Soltanto in presenza di incarichi di minore rilevanza, anche per la loro eventualità serialità, è possibile coniugare il criterio della competenza con quello della rotazione.”

Conclude poi, sul punto il Consiglio di Stato sostenendo che si ritiene più opportuno ” introdurre il criterio della equa ripartizione, che contiene in sé anche il principio della tendenziale rotazione, ma permette l’attribuzione ragionata degli incarichi in funzione della loro natura, delle caratteristiche del professionista”, dovendosi assegnare “quale modalità di decisione, particolare rilevanza alla motivazione del provvedimento di conferimento dell’incarico, poiché l’amministrazione dovrà esplicitare con chiarezza le ragioni che hanno condotto a scegliere il professionista sia pure già presente nell’elenco. “.

Da ultimo, infine, nel parere vengono offerte indicazioni sull’affidamento diretto di un servizio legale, partendo dal presupposto per cui Le Linee Guida dell’ANAC consentono “l’affidamento diretto a un professionista determinato di uno dei servizi legali di cui all’art. 17, comma 1, lett. d) del codice dei contratti pubblici (…) solo in presenza di specifiche ragioni logico – motivazionali che devono essere espressamente illustrate dalla stazione appaltante nella determina a contrarre”.

Una tale eccezionalità nell’affidamento del servizio legale denominata «affidamento diretto» e differenziata da quella ordinariamente prevista per l’affidamento dei servizi legali, è condivisa dal Consiglio di Stato, poichè “in particolari circostanze, deve essere consentito all’amministrazione di affidare la trattazione di una controversia (o richiedere una consulenza in vista di una controversia) ad un professionista che non sia membro dello studio cui è stato affidato il contenzioso ovvero che non sia presente nell’elenco di professionisti predisposto dalla stesa amministrazione.”

Ciò su cui, tuttavia, si pone l’attenzione è la circostanza per cui deve ritenersi “necessario, affinché l’affidamento diretto sia rispettoso dei principi di cui all’art. 4 del Codice, che la controversia presenti elementi di effettiva particolarità tali da giustificare una scelta indirizzata dalla specifica capacità professionale dell’avvocato.”

In quest’ottica, dunque il Consiglio di Stato osserva che “non tutta la casistica indicata nelle linee guida (…) è condivisibile perché non vale a giustificare una modalità di affidamento degli incarichi speciale e derogatoria rispetto alle indicazioni codicistiche.”

Ed invero l’ANAC fa riferimento a tre situazioni, riconducibili, tuttavia, a due casi: a) «consequenzialità tra incarichi» / «complementarietà con altri incarichi attinenti alla medesima materia oggetto del servizio legale in affidamento» e b) «l’affidamento diretto per ragioni di urgenza».

Sul punto a) il Consiglio di Stato osserva che “non potrà in concreto più verificarsi, affidando l’amministrazione l’intero contenzioso ad un professionista o ad un unico gruppo di professionisti. Del tutto residuale sarà il caso di precedente incarico affidato quando non era stato ancora scelto uno studio per gestire l’intero contenzioso ovvero l’elenco dei professionisti non era ancora stato costituito. Una nuova valutazione, anche in presenza di consequenzialità e complementarietà degli incarichi, appare, pertanto, doverosa. Va da sé che anche, nel caso in cui l’Amministrazione abbia proceduto all’appalto o alla istituzione dell’elenco, potrà aversi l’affidamento diretto giustificato dalla complementarietà o consequenzialità, se ben motivato in tal senso.”

Quanto alla seconda situazione (ragioni di urgenza), nel parere del Consiglio di Stato si sottolinea come “affidare l’intero contenzioso ad un unico gruppo di professionisti (come anche istituire un elenco di professionisti sempre disponibili alla bisogna) significa proprio evitare le difficoltà connesse al reperimento, in tempi celeri, di un avvocato disponibile a trattare la controversia che necessita di immediata trattazione. Anche tale considerazione, per incidens, corrobora la individuazione di queste come le migliori pratiche.

Né, d’altro canto, il ritardo con cui l’amministrazione si sia eventualmente ridotta a conferire, anche se, e soprattutto se, trattasi di rito abbreviato o brevissimo sia nel civile che nell’amministrativo, può giustificare una deviazione, a questo punto colpevole, dalle regole.

Per le ragioni esposte è da ritenere che la particolarità che possa giustificare l’affidamento diretto deve essere diversa e strettamente collegata alla natura della controversia (si pensi, a solo titolo esemplificativo, ad una questione nuova non ancora esaminata dalla giurisprudenza).”

 Leggi il parere del Consiglio di Stato n.2017/2018

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