Contratti pubblici: accesso civico generalizzato e principio di trasparenza. Due lati della stessa medaglia

Con la sentenza n. 5714/2021, pubblicata il 3 agosto 2021, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, accogliendo le argomentazioni dell’avvocato Claudio Martino, ha ribadito i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n.10/2020, definitivamente chiarendo limiti, condizioni e modalità operative dell’accesso agli atti nei contratti pubblici.

A fronte, infatti, del diniego opposto da una stazione appaltante all’istanza di accesso civico generalizzato, formulata da un’impresa in relazione all’aggiudicazione di un appalto di servizi, il TAR Piemonte, adito per l’annullamento del predetto diniego, aveva escluso l’applicabilità “…dell’accesso civico generalizzato alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, anche ai sensi dell’art. 52 del d. lgs. n. 50 del 2016, dovendo negarsi la sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, con riferimento agli atti e ai documenti della fase esecutiva del rapporto contrattuale, rispetto all’impresa che è rimasta estranea e che, in mancanza di un provvedimento di risoluzione adottato dalla stazione appaltante, neppure possa vantare un ipotetico interesse al rientro”, sottolineandosi che la ricorrente non aveva neppure partecipato alla gara per l’affidamento in questione, così che mancava un interesse giuridicamente apprezzabile.

In sede di appello, quindi, l’impresa, nel chiedere la riforma della sentenza di I grado, rappresentava come la decisione – tra l’altro – fosse stata erronea nella parte in cui si era ritenuto inapplicabile alla materia dei contratti pubblici l’istituto dell’accesso civico generalizzato “alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 10/2020”.

Uno dei principi di diritto espressi in questa ultima decisione, infatti, così afferma: “la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del Codice dei Contratti Pubblici, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della L. n. 241/1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.”.

Ecco allora, come ben chiarito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che se l’accesso civico generalizzato è da intendersi come “diritto di “chiunque”, senza essere sottoposto a limiti quanto a legittimazione soggettiva e senza oneri di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”, una simile configurazione supera il limite connaturato all’accesso documentale, il quale invece non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche amministrazioni perché resta strumentale alla protezione di un interesse individuale.

L’accesso civico generalizzato, quindi, è finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale l’interesse individuale alla conoscenza è protetto in sé e per sé, in assenza di contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, come precisato dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013.

Contrariamente a quanto affermato nella sentenza del TAR Piemonte, pertanto, l’interesse dell’impresa istante all’accesso generalizzato doveva qualificarsi come giuridicamente apprezzabile sebbene non vi sia stata partecipazione alla gara e sempre ferma, come ricorda il Consiglio di Stato, la tutela degli interessi limiti e “la possibilità e la doverosità di respingere richieste di accesso civico “manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d); Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi” (Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2021, n. 1426).“.

Circostanze, queste, che non essendo emerse nel caso di specie non potevano giustificare il rigetto dell’istanza di accesso chiaramente finalizzata “ad un controllo democratico sull’attività amministrativa che, come in precedenza accennato, costituisce l’in sé dell’accesso civico generalizzato e non risulta ictu oculi sproporzionato o manifestamente oneroso, né tale da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il corretto funzionamento dell’amministrazione.”.

Da qui, dunque, il riconoscimento della legittimità dell’istanza rigettata dalla stazione appaltante e la riforma della sentenza del TAR Piemonte, sulla base delle argomentazioni dell’avv. Martino, che risultano ancor più condivisibili alla luce dell’art. 53, comma 5, lettera a) del Decreto Semplificazioni, intervenuto per modificare l’art. 29 del Codice dei contratti pubblici, dedicato ai “Principi in materia di trasparenza” e che, tra l’altro, nella sua versione originaria prevedeva: “Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonchè alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni (…) devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (…)”.

La modifica del Decreto Semplificazioni, infatti, ha fatto sì che “dopo le parole “nonche’ alle procedure per l’affidamento” sono inserite le seguenti: “e l’esecuzione”, con la conseguenza che ad oggi la trasparenza e i relativi adempimenti a carico delle Amministrazioni committenti debbono riguardare non solo la fase dell’affidamento ma anche quella dell’esecuzione degli appalti, tanto che sul sito istituzionale delle Amministrazioni devono essere pubblicati anche i relativi documenti.

La modifica legislativa, dunque, è significativa proprio di quella necessità di “controllo democratico sull’attività amministrativa” evidenziata dal Consiglio di Stato e che può ravvisarsi oltre che nell’istituto dell’accesso civico generalizzato, anche sotto ulteriore e distinto profilo nell’obbligo di pubblicazione sul sito web del committente degli atti tanto di gara che della fase dell’esecuzione.

Leggi la sentenza del Consiglio di Stato n. 5714/2020

Leggi la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.10/2020

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