Il Codice dei contratti nella versione 2023 è in corso di revisione in forza della delega al Governo contenuta nella L.78/2022.
Con parere n.1463 del 2 dicembre 2024 il Consiglio di Stato ha reso il prescritto parere sullo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”, non mancando di sottolineare diversi profili di criticità.
In particolare:
A) il Consiglio di Stato evidenzia come il comma 4, art. 1, della Legge n. 78/2022 disponga: “Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo”.
Più nello specifico l’iter procedimentale per l’adozione della legge delega prevede
1) l’iniziativa rimessa ad una proposta congiunta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (ora: Ministro delle infrastrutture e dei trasporti);
2) un’articolazione istruttoria rimessa al concerto da parte dei “Ministri competenti”;
3) la (previa) acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Nell’esercizio della delega, poi, il Governo ha inteso avvalersi della facoltà di affidare al Consiglio di Stato, in sede consultiva, l’elaborazione dello schema normativo mentre – osserva il Consiglio di Stato nel proprio parere – di tale facoltà “il Governo non ha inteso avvalersi ai fini della predisposizione dello schema di decreto in esame”.
Sul punto dunque, pur sottolineandosi come “il sintagma “stessa procedura” non sia esente da un obiettivo margine di ambiguità, viene evidenziato come la scelta del Governo di non avvalersi dell’apporto consultivo e redazionale del Consiglio di Stato non si sottragga a qualche profilo di criticità logico-giuridica.
Per coerenza infatti “la scansione formale dell’intervento correttivo ed integrativo avrebbe verisimilmente dovuto mimare, di fatto, la stessa seguita (rendendo coerente, in via definitiva, la relativa opzione) nella predisposizione del ‘Codice’, anche con riguardo al ruolo del Consiglio di Stato.” puntualizzandosi come l’alternativa non sia affatto priva di rilievo, “avuto riguardo alla attitudine essenzialmente tecnica della redazione rimessa al Consiglio di Stato, in ogni caso, poi, ri-devoluta al successivo vaglio politico, a fronte di quella eminentemente e direttamente politica esercitata dal Governo.”.
In merito a tale aspetto, quindi il Consiglio di Stato conclude affermando di ritenere “non inopportuno segnalare il rischio, potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione, e relativo alla circostanza che la redazione del Codice, e la sua integrazione e correzione, siano state, in concreto, operate, in parte, seguendo procedure sostanzialmente diverse.”
B) Relativamente agli atti di concerto resi dai Ministeri e fatti pervenire al Consiglio di Stato, il parere risulta poi particolarmente critico, sottolineandosi come detti atti siano stati tutti espressi “d’ordine” del Ministro volta a volta interessato, “a dispetto del fatto che la Sezione abbia reiteratamente rimarcato la giuridica inadeguatezza di tale formula organizzatoria, che postula, a differenza del ricorso alla c.d. delega di firma, l’attivazione di attribuzioni proprie dell’ordinatario (cfr., da ultimo, i pareri 28 ottobre 2024, n. 1308 n. 1282; 15 ottobre 2024, n. 1282; 12 settembre 2024, n. 1216; 4 aprile 2024, n. 446).”
Inoltre, non viene sottaciuto dal Consiglio di Stato come tutti i concerti resi risultano espressi “in forma secca ed inarticolata, a guisa di mero ed anodino nulla osta alla iniziativa normativa, ed in qualche caso (come per il Ministero della difesa, in cui neppure è esplicitato il ruolo del Ministro ordinante) addirittura successivamente all’inoltro della richiesta di parere sullo schema predisposto.
Si tratta, come più volte evidenziato dalla Sezione, di una modalità di concertazione che – anche in ragione della carente (trasmissione a questo Consiglio della) documentazione di una effettiva e sostanziale interlocuzione nel merito da parte degli uffici tecnici ausiliari dei vari Ministri coinvolti – assume una connotazione sostanzialmente abdicativa a fronte delle incisive e politicamente impegnative attribuzioni co-decisionali rimesse, ratione materiae, ai Ministeri competenti (com’è evidente, alla luce della vasta gamma di interessi settoriali coinvolti – ed interferenti tra loro in termini di reciproco bilanciamento – e della stessa pluralità di titolari dell’adozione di un’ampia serie di regolamenti di delegificazione, destinati, nel futuro, ad innovare la fondamentale e complessa materia degli Allegati).”.
Del resto – prosegue puntualmente il Consiglio di Stato – “non è vano soggiungere che sotto numerosi e ben qualificati profili (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, ai settori dei contratti sociali, agli appalti della difesa, agli affidamenti relativi ai beni culturali, alle modalità di accesso al mercato degli operatori economici, alle misure a tutela dell’ambiente e della sicurezza energetica) l’apporto valutativo esplicito dei Ministri competenti sarebbe risultato significativo, se non altro per far emergere, e dunque chiarire per l’interprete, la fenomenologie socio-economiche – si potrebbe dire “gli interessi meritevoli” – sottostanti a molte delle più innovative, od innovate, figure giuridiche disciplinate nel “Codice”.”.
C) Anche sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) che ha accompagnato lo schema di decreto il Consiglio di Stato ha speso parole che evidenziano palesi criticità. Ed invero con il documento il Governo ha inteso illustrare:
1) il complessivo contesto dell’intervento correttivo, alla luce delle principali problematiche operative emerse, all’esito della entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 del 2023, dal confronto e dalla consultazione con i principali stakeholders e con plurime stazioni appaltanti, nonché dalle segnalazioni contestuali di criticità rinvenienti dall’ANAC;
2) la logica delle opzioni di intervento, anche con riguardo al perseguimento degli obiettivi fissati dal PNRR e al confronto con la Commissione europea, relativamente alla necessità di intervenire allo scopo di elidere le diverse procedure di infrazione ancora attivate e di scongiurarne l’avvio di nuove;
2) i potenziali effetti attesi dall’intervento correttivo, avuto riguardo alle aspettative di contrazione dei tempi e degli adempimenti connessi al ciclo di vita, in tutte le sue fasi, dei contratti pubblici, al potenziamento della concorrenzialità del mercato nazionale delle commesse, al complessivo efficientamento della spesa pubblica.
“Osserva, tuttavia, la Sezione che – a dispetto dell’impegno testuale-illustrativo profuso – l’analisi di impatto risulta, per profili significativi e qualificanti, inadeguata: essa si risolve di fatto in un’articolata e perifrastica enunciazione in termini formali e giuridici dell’oggetto e delle modalità di intervento, correttivo ed integrativo, sulle disposizioni del Codice; e ciò, anche laddove sarebbe stato necessario e chiarificatore – purché nei termini di una esplicitata metodologia predittiva – stimare in modo specifico, e per ogni “tematica” di nuova disciplina introdotta, i dati macroeconomici, economico-settoriali nonché comunque di rilievo sulle rispettive condizioni della domanda (pubblica) e dell’offerta, in termini di variazioni attese (distinguendo, ad esempio tra volumi attuali e loro variazioni, imputabili a investimenti od alla spesa corrente, al di là delle tipologie giuridiche degli appalti, distinguendo i rispettivi moltiplicatori fiscali e la loro stessa eventuale variazione in funzione di fattori come, ad esempio, la propensione marginale all’importazione): e ciò, al fine di esplicitare e, soprattutto, confermare oggettivamente, la enunciata ratio sostanziale delle modifiche e l’impatto economico e socio-economico che effettivamente le giustifichi.
Ciò, esemplificativamente ma non secondariamente, concerne la (mera) enunciazione (non seguita da dimostrazione predittiva fondata sull’incidenza attesa suffragata da dati) relativa alla agevolazione dell’accesso al mercato “pubblico” per le PMI, conseguente agli incrementati processi di digitalizzazione (osservandosi che le PMI stesse risulterebbero “prive di un apparato amministrativo dedicato a tali attività”), laddove, peraltro e per contro, l’effettiva incidenza della progressiva implementazione degli stessi processi di digitalizzazione pone un simmetrico, ma divergente, effetto di criticità e difficoltà per “le più piccole stazioni appaltanti” (tenendo conto “anche degli organici amministrativi”).
Riassuntivamente, e nella illustrata prospettiva, – assecondando la direttiva della legge delega – avrebbero dovuto emergere sia i dati e le analisi relativa alle “applicazioni pratiche” che – alla luce della prima esperienza applicativa del codice – hanno in assunto giustificato (talora in termini di mera opportunità, talaltra come vera e propria necessità) le correzioni di eventuali disallineamenti, incongruenze od incoerenze od anche integrazioni, sia, analiticamente e per conseguente risultante complessiva, le variazioni, quantitative e qualitative, che si prevedono derivare dall’impianto del correttivo.”.
In aggiunta a ciò il parere sottolinea come non siano state messe a disposizione della Sezione neanche “le allegate interlocuzioni con la Commissione europea; né sono stati illustrati, con il necessario dettaglio esplicativo, gli obiettivi PNRR che, per vario rispetto, hanno dichiaratamente orientato, relativamente a profili qualificanti, le opzioni correttive ed integrative (obiettivi che, peraltro, aspetto non trascurabile, sono stati essenzialmente stabiliti anteriormente alla stessa originaria redazione del “nuovo” Codice su cui ora si interviene).”.
Circostanza questa che ha impedito al Consiglio di Stato di apprezzare “il rilievo in termini di adeguatezza e coerenza” di tale documentazione.
D) Da ultimo è stato segnalata anche la mancata acquisizione del parere della Conferenza unificata, pur integrando adempimento procedimentale necessario e logicamente e positivamente preventivo rispetto al parere del Consiglio di Stato, “che deve essere reso su un testo normativo definito e non in fieri (cfr., tra i molti, i pareri 28 agosto 2024, n. 1125 e 23 maggio 2024, n. 650)”.
Il Consilio di Stato ha quindi opportunamente rimarcato come prima della definitiva approvazione dello schema di decreto si renda indispensabile l’acquisizione del parere della Conferenza unificata.