Con la pronuncia n. 5299/2015 il Consiglio di Stato ha espresso il principio di diritto per cui il concetto normativo di “violazione dei doveri professionali” di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 163 del 2006 abbraccia un’ampia gamma di ipotesi, riconducibili alla negligenza, all’errore ed alla malafede, purché tutte qualificabili “gravi” e richiede che la responsabilità risulti accertata e provata con qualsiasi mezzo di prova, senza la necessità di una sentenza passata in giudicato o di un accertamento della responsabilità del contraente per l’inadempimento in relazione a un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l’esercizio di un potere sanzionatorio.
Naturalmente ciò non significa che determinati fatti di rilievo penale, laddove costituenti ipotesi di grave errore professionale, siano rilevanti ai fini della sussistenza della causa ostativa di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 163 del 2006, indipendentemente dalla astratta configurabilità o meno della causa ostativa contemplata alla precedente lettera c).
Ciò che importa, però, ai fini dell’applicabilità dell’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 163 del 2006 è solo che un determinato fatto, anche se di rilievo penale, possa essere manifestazione di un grave errore professionale, prescindendosi in ogni caso dalla sussistenza di una pronuncia giudiziale passata in giudicato, come è invece previsto dalla precedente lett. c) ed è sufficiente a tal fine una motivata valutazione dell’Amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell’esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara.