“Le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto (ma non è questo il caso) “successivamente alla presentazione dell’istanza di condono” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012 n. 6662), senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2018 n. 3659).”.
E’ questo il chiaro principio di diritto espresso dalla sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 6149 del 1 settembre 2021, in una complessa vicenda avente a oggetto l’istanza da parte di una società, proprietaria di un rifugio, con annessi fabbricati accessori, e di alcuni tralicci funzionali alla radio diffusione (condonati), di sostituzione di tali tralicci autorizzati con nuovi impianti e contestuale eliminazione delle strutture minori sottoposte a procedimento di condono.
Ed invero, dopo aver svolto un’ampia rassegna della normativa sotto il profilo urbanistico-edilizio, pure con riguardo alle modifiche che si sono susseguite nel tempo, nonchè sulla disciplina delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, per come regolamentata dal Codice delle comunicazioni elettroniche e aver approfondito i relativi argomenti anche con precisi riferimenti giurisprudenziali, il Consiglio di Stato ha completato il proprio ragionamento affrontando la questione delle conseguenze della presenza di un vincolo idrogeologico nell’area in cui sussistono le opere oggetto di istanza autorizzativa.
Sul punto, così si è statuito: “Giova poi chiarire, per completezza espositiva, che sebbene la presenza di un vincolo idrogeologico non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area, la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire, prima della realizzazione dell’intervento, il rilascio di apposita autorizzazione da parte della competente amministrazione, in aggiunta al titolo abilitativo edilizio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2009 n. 43731 e Sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5467). Per quanto attiene all’interferenza di tale disciplina con quella in materia di condono edilizio, si segnala la formulazione di cui all’art. 32 l. 47/1985, a mente del quale “il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”, eccetto i casi in cui si tratti di “opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64 e successive modificazioni e dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell’articolo 35; b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III; c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190 e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”.
Da tale complessiva statuizione deriva che le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto (ma non è questo il caso) “successivamente alla presentazione dell’istanza di condono” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012 n. 6662), senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2018 n. 3659).
Giova rammentare anche che, anche in base alla normativa intervenuta successivamente in materia di condono edilizio (art. 32, comma 27, lettera d, d.l. n. 269/2003, c.d. terzo condono), a conferma di quanto rilevato pocanzi, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.”.