Il Consiglio di Stato rimette alla Corte di Giustizia Europea la questione del grave illecito professionale di cui all’art. 80, comma 5, lettera c) del Codice degli Appalti

Con ordinanza del 3 maggio 2018 n. 2639, la V sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea la seguente questione pregiudiziale: “”Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio””. 

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, l’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice appalti sul grave illecito professionale sarebbe in contrasto con il diritto comunitario, posto che, la norma definisce quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, ma, nel caso in cui detto illecito abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’esclusione dell’Impresa può essere determinata solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio.

Dal che deriva, secondo il ragionamento dei Giudici di Palazzo Spada, una dubbia compatibilità con il diritto europeo per il fatto che il concorrente possa evitare l’esclusione per risoluzione anticipata semplicemente contestando in giudizio la risoluzione medesima.
Ed invero la normativa europea in materia di esclusione per gravi illeciti professionali (art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE) stabilisce che le amministrazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici “se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”.
Inoltre nel Considerando 101 della medesima Direttiva viene opportunamente chiarito ““che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto. Tenendo presente che l’amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale.””.
Con riferimento alla risoluzione anticipata di un precedente contratto, dunque, non pare dubbio per il Consiglio di Stato che il Legislatore europeo abbia ritenuto di consentire l’esclusione dell’operatore economico se la stazione appaltante è in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale “anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori”, mentre il Legislatore italiano ha, viceversa, stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata (per definizione “grave” ex art. 1455 Cod. civ. nonché ex art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) non comporti l’esclusione in caso di contestazione in giudizio.
Con la evidente conseguenza, però, che se l’azione amministrativa di esclusione dalla gara per gravi illeciti professionali deve dirsi subordinata alla scelta dell’Impresa concorrente di impugnare o meno la risoluzione in sede giurisdizionale, ben potrebbe accadere che casi identici trovino soluzioni differenti laddove un operatore venga escluso perchè non ha proposto impugnazione e un altro no, avendo proposto ricorso.
Da qui, dunque, la necessità di una pronunzia della Corte di Giustizia Europea, in ordine alla compatibilità della norma interna con la disciplina comunitaria sulla base della questione pregiudiziale sopra riportata formulata dal Consiglio di Stato.
Leggi l’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 2639/2018
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