Con L.R. n.17/2023 l’Emilia-Romagna ha disciplinato, all’art. 3, l’ipotesi in cui il concessionario di derivazioni ad uso idroelettrico fino a 3000 kilowatt abbia ottenuto incentivi per la produzione di energia elettrica connessi alla derivazione, stabilendo che “la durata della concessione, previa istanza presentata da parte del concessionario, è allineata al periodo incentivante di riconoscimento degli incentivi, ferma restando la durata massima trentennale prevista all’articolo 21 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775”.
La norma è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha promosso questioni di legittimità costituzionale:
- ritenendo violato l’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione ai principi fondamentali della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, recati dagli artt. 21, 28 e 30 del r.d. n. 1775 del 1933, che “a differenza di quanto previsto dalla norma impugnata, subordinerebbero la possibilità del rinnovo delle concessioni per piccole derivazioni idroelettriche alla verifica della persistenza di talune condizioni di pubblico interesse.”;
- in relazione all’art. 49 TFUE e all’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE, in quanto il legislatore regionale avrebbe accordato “al concessionario il beneficio della proroga automatica”.
- in quanto la norma regionale impugnata avrebbe invaso la materia “tutela della concorrenza”, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, materia la cui accezione dovrebbe “riflettere quella operante in ambito comunitario”.
La Corte Costituzionale quindi ha ritenuto prioritario affrontare in via pregiudiziale la questione promossa in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., relativamente all’art. 49 TFUE e all’art. 12 della direttiva 2006/123/CE e in via ancor più preliminarmente ha provveduto ad illustrare, nei suoi tratti essenziali, l’impugnato art. 3 della Legge regionale E.R. nel quadro della disciplina statale prevista in materia di concessioni per piccole derivazioni idroelettriche.
Le concessioni di piccole derivazioni idroelettriche, infatti, sono regolate dal r.d. n. 1775 del 1933, che le identifica in quelle il cui impianto sia caratterizzato dalla produzione di forza motrice con potenza nominale media annua pari o inferiore a 3000 kW (art. 6 ) e per le quali l’assegnazione di nuove concessioni avviene, ai sensi degli artt. 7, 8, 9 e 12-bis del r.d. n. 1775 del 1933, attraverso una procedura concorrenziale.
La Corte ha altresì ricordato come tutte le concessioni di piccole derivazioni a uso idroelettrico siano temporanee e la loro durata non possa eccedere i trent’anni (art. 21) e con possibilità di rinnovo alla scadenza solo in conformità a quanto dispone l’art. 28, comma 1-bis, che richiede di accertare «l’effettivo fabbisogno idrico», in relazione alla specifica attività svolta, nonché il rispetto delle condizioni indicate dall’art. 12-bis, comma 1, del r.d. n. 1775 del 1933.
Nel quadro della richiamata disciplina statale dunque è intervenuta la norma regionale oggetto di impugnativa che dispone una proroga legale della durata di concessioni di piccole derivazioni idroelettriche, alle seguenti condizioni:
- che vi sia l’istanza da parte del suo titolare;
- che la proroga serva a utilizzare integralmente l’incentivo ottenuto dal titolare della concessione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
- che il periodo di proroga, sommato alla durata originariamente prevista per la concessione, non superi i trent’anni, vale a dire il termine massimo che, in base all’art. 21 del r.d. n. 1775 del 1933, può essere previsto ab initio per assegnare una concessione di piccola derivazione idroelettrica.
Così posta pertanto la materia del contendere i quesiti pregiudiziali sottoposti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, sono stati del seguente tenore:
“a) se l’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, debba essere interpretato nel senso della sua applicabilità anche a impianti che svolgono attività di mera produzione di energia elettrica, quali gli impianti di piccole derivazioni idroelettriche;
b) in caso di risposta affermativa al primo quesito, se l’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE debba essere interpretato nel senso che il riferimento al requisito della scarsità delle risorse osti a una disciplina di uno Stato membro che si avvalga, quale criterio generale e astratto per distinguere l’attitudine o meno degli impianti di derivazione a rendere scarsa la risorsa idroelettrica, della differenza fra grandi e piccoli impianti (che rispettivamente producono una forza motrice con potenza nominale media annua maggiore o, viceversa, pari o inferiore a 3000 kW);
c) infine, in caso di risposta affermativa al primo e al secondo quesito, se l’art. 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE debba essere interpretato nel senso che esso osti a una disciplina di uno Stato membro che preveda una proroga della durata della concessione, motivata dall’esigenza di consentire al concessionario l’utilizzo integrale degli incentivi ottenuti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, fermo restando il rispetto della durata massima (trent’anni) che sin dall’inizio può essere assegnata a una concessione per piccola derivazione idroelettrica”.
Conseguentemente il giudizio è stato sospeso sino alla definizione delle suddette questioni pregiudiziali.