Con parere di precontenzioso, contenuto nella Delibera n. 130 del 2 aprile 2025, il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha dettato presupposti e limiti delle clausole territoriali inserite nella lex specialis.
L’art. 108, co. 7 del Codice dei contratti, infatti, dispone che “Ai fini della tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operatori nel mercato, le procedure relative agli affidamenti di cui al Libro II, parte IV, possono prevedere, nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell’offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento ad operatori economici con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento”.
Sul punto ANAC, richiamando un proprio precedente orientamento (Delibera n. 1/2024), ha ribadito come il d.lgs 36/2023 preveda sì la possibilità di introdurre clausole territoriali (clausole relative alla vicinanza delle sedi dell’operatore economico con il luogo di esecuzione del servizio) ma solo quali criteri premiali da valorizzare nell’offerta tecnica (art. 108) e non anche quale requisito di partecipazione.
In tal senso depongono infatti sia i principi codicistici (artt. 3, 4 e 10) sia le disposizioni sui requisiti di partecipazione (art. 100), che richiedono di tenere conto della necessità di garantire la massima apertura al mercato.
A ciò poi si è aggiunto come il Consiglio di Stato, sin dalla sentenza n. 5513/2021, abbia precisato come “nell’ambito delle procedure di affidamento da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la scelta dei criteri di valutazione delle offerte operata dalla stazione appaltante, ivi compreso il peso da attribuire a singoli elementi, specificamente indicati nella lex specialis, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico, come tale sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia manifestamente illogica, abnorme ed irragionevole e i criteri non siano trasparenti ed intellegibili”
Alla luce dei suddetti principi dunque Il Consiglio dell’Autorità ha potuto concludere che “la condotta della stazione appaltante risulta corretta alla luce dei principi per cui da un lato le c.d. clausole territoriali, come nel caso di specie, sono legittime laddove non costituiscono requisiti di partecipazione, ma criteri di valutazione dell’offerta, e del principio per cui la scelta di tali criteri è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, sindacabile solo in caso di palese illogicità, incongruità o irrazionalità dei criteri adottati, circostanza che invece non risulta sussistere nel caso di specie.”.