La normativa riguarda le segnalazioni o denunce effettuate nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione e – sotto il profilo soggettivo – interessa non solo i dipendenti della pubblica amministrazione, secondo la nozione del d.lgs. n. 165/2001, ma anche i dipendenti di enti pubblici economici o enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, nonché i lavoratori e i collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica.
L’intento è quello di rafforzare le garanzie già previste dalla normativa anticorruzione di cui al’art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001 e dal dlgs n. 231 /2001 in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, individuando ulteriori requisiti per l’adozione e l’attuazione dei modelli di organizzazione e gestione.
Rispetto alla precedente disciplina è ora possibile effettuare una segnalazione sia al’ANAC sia all’Autorità giudiziaria, ordinaria o contabile, sia al Responsabile della prevenzione della corruzione in luogo del superiore gerarchico e si ribadisce che il segnalante non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro.
In ogni caso, qualsivoglia misura ritenuta ritorsiva deve essere comunicata all’ANAC (e non più al Dipartimento della funzione pubblica) e ciò può avvenire o direttamente da parte dell’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Sarà compito dell’ANAC, poi, informare il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina, per ogni eventuale provvedimento di competenza.
Novità sul fronte dalla tutela concreta del segnalante è rappresentata dalla previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5.000 a 30.000 euro, che l’ANAC può irrogare a carico del soggetto che abbia adottato una misura discriminatoria, la cui sussistenza deve essere accertata dall’ANAC medesima.
La sanzione aumenta, da 10.000 a 50.000 euro, qualora venga accertata l’assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni, ovvero l’adozione di procedure non conformi agli indirizzi della stessa Autorità o, ancora, venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
La modulazione delle sanzioni avviene in relazione alle dimensioni dell’Amministrazione o dell’Ente cui si riferisce la segnalazione.
La disciplina precisa come gli atti discriminatori o ritorsivi siano nulli e il segnalante, eventualmente licenziato, deve essere reintegrato nel posto di lavoro, rimanendo a carico dell’Amministrazione dare prova che le misure adottate nei confronti del segnalante siano dovute a presupposti diversi dalla segnalazione stessa.
Il comma 3 del nuovo art. 54-bis, infine, prescrive il divieto – a tutela della riservatezza del segnalante – di rivelare l’identità del soggetto non solo nel procedimento disciplinare, ma anche in quello penale e contabile.
Alla luce della nuova normativa l’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, dovrà adottare apposite Linee guida, al fine di indicare quali procedure seguire per la presentazione e la gestione delle segnalazioni mediante l’impiego di modalità anche informatiche e strumenti di crittografia, così da tutelare con completezza tanto il segnalante quanto il contenuto delle segnalazioni e della documentazione.
In attesa dell’adozione di tali Linee guida, comunque, l’ANAC ha ribadito l’efficacia degli indirizzi del 2015, anche per come aggiornati nel Piano Nazionale Anticorruzione 2017, approvato con la delibera n. 1208 del 22 novembre 2017.