Una recente sentenza della Corte d’appello di Torino è l’occasione per ribadire i principi di diritto che regolano la questione del rapporto tra mancata opposizione delle cartelle di pagamento e la conversione del termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 3, comma 9, della Legge n. 335/1995 in quello decennale per come previsto dall’art. 2953 c.c.
La Corte torinese, infatti, ha escluso che il decorso del termine di impugnazione possa comportare un effetto di conversione del termine di prescrizione breve in quello decennale, seguendo l’ormai consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che nella sentenza n. 23397/2016 hanno chiarito come:
“1) “la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 30, convertito dalla L. n. 122 del 2010)”;
2) “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c..Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.”
Sulla scia degli appena descritti principi di diritto, inoltre, sempre il Supremo Collegio nella recente ordinanza n. 4058 del 16 febbraio 2021 ha avuto modo di precisare la questione dell’eventuale effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, specificandosi come in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta, così, assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione.
In assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, quindi, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla Legge n. 335/1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352/2018), e ciò, sottolinea il Supremo Collegio, in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301/2009).
Allo stesso modo, poi, nella medesima ordinanza la Cassazione ha puntualizzato come non può neanche ritenersi rilevante il richiamo al D. Lgs. n. 112/1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, perchè tale disposizione in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (SS.UU n. 23397/2016; Cass. n. 31352/2018).
Leggi la sentenza della Corte di Appello di Torino del 13 aprile 2021
Leggi l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4058 del 16 febbraio 2021