Se discordanti, fra le offerte spresse in lettere e quelle espresse in cifre, in sede di esame delle offerte presentate in una gara finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico di lavori, servizi o forniture, deve darsi prevalenza al criterio del prezzo indicato in lettere, secondo l’art. 119 comma 2 D.P.R. n. 207 del 2010.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, infatti, nella sentenza n.10/2015 ha specificato che la norma costituisce espressione di un principio di carattere generale, da ritenersi valido anche al di fuori dei casi espressamente richiamati.
La controversia era sorta alla luce del possibile contrasto tra la disciplina contenuta nell’art. 72 R.D. n. 827 del 1924, in cui si prevede che “quando in una offerta all’asta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l’indicazione più vantaggiosa per l’amministrazione” e l’art. 119 comma 2 D.P.R. n. 207 del 2010, laddove, al comma 2, si specifica che “il prezzo complessivo offerto, rappresentato dalla somma di tali prodotti, è indicato dal concorrente in calce al modulo stesso, unitamente al conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo complessivo posto a base di gara. Il prezzo complessivo e il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere. In caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere”.