Lo scorso mese avevamo dato notizia della sentenza della Corte di Giustizia della UE del 26 settembre 2019 (causa C-63/18) in cui, nell’esaminare una domanda di pronuncia pregiudiziale del TAR Lombardia, si era statuito la non conformità al diritto UE della norma nazionale che prevede un limite quantitativo al subappalto.
Si era, altresì, evidenziato come le conseguenze della decisione sarebbero state di assoluta rilevanza, stante l’immediata caducazione delle norme interne non compatibili con il diritto comunitario e, infatti, con l’Atto di segnalazione n. 8 del 13 novembre 2019, l’Autorità Nazionale Anticorruzione si è immediatamente attivata per inoltrare al Governo e Parlamento proposte “per una urgente modifica normativa inerente la disciplina del subappalto”.
Ed invero, fatta una premessa in cui viene rappresentato l’impianto normativo sul subappalto, per come stabilito dal Legislatore italiano nel Codice Appalti, con l’indicazione dei vari limiti quantitativi ivi previsti (innalzati dal 30 al 40% dal decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, c.d. “sblocca-cantieri”), e ricordato che l’intento perseguito dall’art. 105 corrisponde a principi di “tutela degli interessi generali di primaria importanza della sostenibilità sociale, dell’ordine e della sicurezza pubblica, in un contesto – quello del subappalto – in cui i maggiori rischi di infiltrazione criminale e di condizionamento dell’appalto si associano a minori capacità di controllo e verifica dei soggetti effettivamente coinvolti nell’esecuzione delle commesse.”, l’ANAC, nel proprio Atto di segnalazione, ha rilevato come la decisione della Corte di Giustizia ha censurato il sistema limitativo della disciplina nazionale sul subappalto, poichè in contrasto con gli obiettivi di apertura alla concorrenza e di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.
In particolare ha osservato la Corte che la conformità dell’art. 105 deriva dall’introduzione di un tetto alla facoltà di ricorrere al subappalto per una parte del contratto, stabilita, tuttavia, in maniera astratta e in una determinata percentuale dello stesso, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe.
Con l’ulteriore rilievo per cui la criticità del limite quantitativo del ricorso al subappalto si ricollega alla sua applicazione “indipendentemente dal settore economico interessato, dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori, e al fatto che la disciplina italiana non lascia spazi a valutazioni caso per caso da parte della stazione appaltante, e ciò anche qualora questa sia in grado di verificare l’identità dei subappaltatori interessati e ove accerti che il limite non sia necessario al fine di contrastare le infiltrazioni criminali nell’ambito dell’appalto in questione.”.
Per fornire, dunque, alle Stazioni appaltanti indicazioni normative chiare, l’ANAC ha segnalato alcune proposte di modifica legislativa inerenti il limite quantitativo al subappalto, chiedendo, al contempo, a Governo e Parlamento chiarezza sia per gli appalti sotto soglia che per quelli di opere ad alto contenuto tecnologico.
La decisione della CGUE, infatti, tratta di appalti sopra soglia ed in relazione al comma 2 dell’art. 105, ma lascia dubbi interpretativi che il Legislatore nazionale non dovrebbe evitare di dirimere in maniera puntuale.
Proprio in considerazione di quanto sopra, lo Studio Compagno ha ritenuto opportuno approfondire quanto proposto dall’ANAC, al fine di predisporre clausole dei bandi di gara che fossero in linea quanto più possibile con tali indicazioni, in modo da potere rendere meno incerta la posizione delle Stazioni appaltanti in questo periodo di indeterminatezza normativa.