Limiti del subappalto: il TAR Lombardia e il Consiglio di Stato rinviano la questione alla Corte di Giustizia Europea

Il Tribunale Amministrato Regionale per la Lombardia, con ordinanza n. 148 del 19 gennaio 2018, ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di verificare la compatibilità con il diritto comunitario dell’articolo 105, comma 2, del codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016) e di pronunciarsi, chiarendo se la soglia del 30% debba essere calcolata sull’importo a base di gara o sull’effettivo ribasso; quindi sul valore del contratto concretamente aggiudicato.

Per i Giudici Amministrativi, infatti, rilevato che la norma interna è stata redatta con una formulazione non univoca, si è posta la necessità di sollevare la questione di compatibilità  dell’articolo 105, comma 2, del codice appalti, laddove fissa il limite quantitativo del subappalto al 30%, con l’articolo 71 della direttiva europea n. 24/2014 che, invece, non prevede alcuna limitazione.

Nello specifico, il seguente è il quesito interpretativo sollevato dal TAR Lombardia innanzi alla Corte di Giustizia:

“Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’articolo 71 della direttiva 2014/24del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.

All’ordinanza del TAR Lombardia, è poi seguita un’ ordinanza del Consiglio di Stato (la n. 3553 dell’11 giugno 2018) in cui si legge:

Con ordinanza n. 148 del 19.1.2018 il Tar Lombardia ha proposto una analoga questione pregiudiziale, in ordine alla nuova disciplina del subappalto – che peraltro sul punto riprende il tenore del predetto art. 118- chiedendo alla Corte di Giustizia di fornire risposta al dubbio relativo alla possibile violazione dei principi di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE), di libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE) e di proporzionalità, nonché dell’art. 71, Direttiva 2014/24/UE, che non prevede alcun limite per il subappalto, da parte della disciplina codicistica che invece prevede lo stringente limite del 30% senza eccezioni di sorta.

Il Collegio, quale Giudice di ultima istanza, deve sollevare analoga questione sulla omologa disposizione previgente, contenuta nell’art. 118 comma 2 e relativa al predetto limite del trenta per cento per l’affidamento in subappalto, estendendola anche alla ulteriore limitazione, contenuta nell’art. 118 comma 4 riprodotto (in una formulazione che peraltro appare ripresa anche dalla norma contenuta nel nuovo codice degli appalti, ex art. 105 comma 14 d.lgs. 50\2017).”

Il ragionamento dei Giudici di Palazzo Spada prende le mosse dalla considerazione per cui la soglia massima del subappalto “può rendere più difficoltoso l’accesso delle imprese, in particolar modo di quelle di piccole e medie dimensioni, agli appalti pubblici, così ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi e precludendo, peraltro, agli stessi acquirenti pubblici l’opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate; tale limite, non previsto dalla direttiva 2004/18, impone una restrizione alla facoltà di ricorrere al subappalto per una parte del contratto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe, in contrasto con gli obiettivi di apertura alla concorrenza e di favore per l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.”.

Nell’ordinanza viene dato, altresì, atto, che le ragioni della limitazione contenuta nella normativa interna sono state già esaminate in diversi pareri, resi in sede consultiva, dal Consiglio di Stato, sottolineandosi “l’obiettivo di assicurare l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità potrebbe giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.“.

Inoltre, si evidenzia che ulteriori ragioni che giustificano le soglie possono riferirsi alla necessità di evitare, relativamente all’eliminazione del limite del 20 % per il possibile ribasso rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione, forme occulte di dumping salariale, da cui potrebbe scaturire un effetto anticoncorrenziale, oppure di evitare, relativamente all’eliminazione del limite del 30 % per la parte di servizi subappaltabili, aggiudicazioni nel quale l’adempimento è posto a rischio per la conseguente difficoltà di valutare la sostenibilità – e quindi la non anomalia – dell’offerta.

In definitiva, quindi, osserva il Consiglio di Stato, le limitazioni della normativa interna potrebbero trovare fondamento nella generale indicazione contenuta nella stessa giurisprudenza europea, secondo cui una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi “può essere giustificata qualora essa persegua un obiettivo legittimo di interesse pubblico e purché rispetti il principio di proporzionalità, vale a dire, sia idonea a garantire la realizzazione di tale obiettivo e non vada oltre quanto è necessario a tal fine” (…)”.

Da ciò la necessità che la Corte di Giustizia Europea si pronunci sul seguente quesito interpretativo:

“Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), gli artt. 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014//24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento”.

Leggi l’ordinanza del TAR Lombardia n. 148 del 19 gennaio 2018

Leggi l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3553 dell’11 giugno 2018

 

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