Nella sentenza n. 8353 del 14 dicembre 2021, il Consiglio di Stato ha statuito che: “in sede di gara da attribuire con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa è legittimo l’utilizzo di una formula secondo la quale il punteggio economico è pari a “30 X Prezzo più basso tra quelli validi presentati/Prezzo offerto della ditta concorrente”, e ciò in quanto tale formula, lungi dall’essere aprioristicamente irragionevole, ha avuto l’evidente, e legittima, finalità di attribuire decisiva rilevanza alle componenti qualitative dell’offerta, a scapito o comunque in preferenza rispetto a quelle economiche, che tuttavia non sono state eccessivamente comprese o addirittura annullate nelle valutazioni, ed è pienamente giustificata in un appalto ad elevato tasso tecnico relativo all’affidamento del servizio di cure domiciliari di primo e secondo livello nel territorio dell’Azienda per il fabbisogno di tre anni e, dunque, attinente a fondamentali diritti della persona, bisognosa di cure e di assistenza a domicilio, materia nella quale, anche nel settore degli appalti, è il profilo qualitativo che, per prevalenza dei principî costituzionali prima che ancora per cogenza logica, deve assumere un rilievo preponderante rispetto alla mera convenienza economica e alle pure ragioni di mercato.”
La controversia che si è conclusa con il principio di diritto appena espresso, prendeva le mosse dal ricorso di una Società, presentato per l’annullamento di una gara per l’asserita illegittimità – tra l’altro – di un articolo del capitolato, nella parte in cui stabiliva che il punteggio da attribuire alla componente “prezzo” dovesse essere determinato secondo la seguente formula matematica: Punteggio economico= 30 X Prezzo più basso tra quelli validi presentati/Prezzo offerto della ditta concorrente.
Secondo le prospettazioni della Società ricorrente, infatti, tale formula avrebbe finito palesemente per determinare un sostanziale appiattimento dei punteggi attribuiti alle offerte economiche, in contrasto con il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui nell’ambito delle gare da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è necessario che nell’assegnazione dei punteggi venga utilizzato tutto il potenziale differenziale previsto per il prezzo, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta.
Il Tribunale di I grado aveva respinto la censura della Società ricorrente, aderendo all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui la formula matematica indicata nel capitolato era da ritenersi legittima perchè, nell’intento di ridurre il peso marginale della parte economica ai fini dell’aggiudicazione, consente comunque di differenziare in maniera significativa il punteggio delle offerte che hanno un prezzo via via più alto.
La decisione del Consiglio di Stato in commento, dunque, visti i diversi pronunciamenti, ha ritenuto di fare un ragionato excursus delle varie sentenze che si sono occupate della materia, osservando, però come la più recente giurisprudenza amministrativa si è sempre più orientata nel senso di ritenere “non contrarie a legge o irragionevoli formule matematiche volte a rendere marginale il peso degli elementi economici attraverso vari elementi correttivi” e sottolineando come tale evoluzione sia avvenuta sulla base del mutato contesto “conseguente all’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in relazione al quale nelle Linee-guida n. 2, sull’offerta economicamente più vantaggiosa, l’ANAC ha segnalato la possibilità di impiegare formule matematiche in funzione dissuasiva rispetto ad una competizione eccessiva sul prezzo e dunque in funzione correttiva del metodo tradizionale dell’interpolazione lineare.”.
Ricordato, inoltre, come nella sentenza n. 8688/2019 il Consiglio di Stato avesse ulteriormente posto in evidenza che i precedenti difformi sono tutti riferiti a procedure di gara soggette al previgente codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, dal quale non era ricavabile alcuna preferenza per criteri legati alla componente prezzo rispetto a quelli di carattere qualitativo, come invece dall’art. 95 del codice dei contratti pubblici attualmente in vigore (per i quali si devono ritenere richiamati i principi formulati dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 21 maggio 2019, n. 8), i Giudici di Palazzo Spada hanno concluso per il rigetto dell’appello formulato dalla Società già soccombente in primo grado, statuendo per la legittimità della formula contemplata nel capitolato d’appalto.