In tema di accesso agli atti di gara, il Codice degli appalti del 2016 non ha riprodotto la disposizione del previgente art. 79 del D.Lgs n. 163/2006, con cui si assegnavano al concorrente dieci giorni per proporre l’istanza di accesso. Il termine decorreva dalla ricezione delle comunicazioni di legge da parte della Stazione appaltante.
Sono sorti quindi contrasti giurisprudenziali sulla tempestività dell’impugnazione sui quali è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 12/2020, affermando i seguenti principi di diritto:
“a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.”.
La pronuncia dell’Adunanza Plenaria non ha risolto, tuttavia, ogni dubbio interpretativo sul dies a quo del termine per impugnare e tuttora esiste nella giurisprudenza del Consiglio di Stato sia un orientamento che valuta più rigorosamente la mancata riproposizione della norma sui termini di accesso (ad esempio, Cons. St. n. 3127/2021), e secondo cui più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale, sia un orientamento più permissivo, cui aderisce la sentenza in commento, pronunciata dal Consiglio di Stato il 15 marzo 2022 con il n. 1792.
Sul punto, infatti, si ritiene debba essere permesso un congruo termine alla concorrente per poter chiedere l’accesso, che sia eguale a quello assegnato all’amministrazione per consentire l’accesso stesso («immediatamente e comunque entro quindici giorni» recita l’art. 76, comma 2, del Codice degli appalti), senza sottrarre, così, questi pochi giorni dai 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria.
Ragionare diversamente, infatti, significherebbe per la sentenza di cui si discute porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, ma addirittura immediatamente, “senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare” mentre la stessa amministrazione dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti e a tale interpretazione non osta certo la mancata riproduzione nell’attuale Codice della previgente disciplina che fissava il termine a disposizione del privato per esercitare il proprio diritto d’accesso in 10 giorni.
Osserva, infatti, il Consiglio di Stato come in ogni caso la Corte costituzionale abbia evidenziato come un’interpretazione conforme al contesto logico-giuridico di riferimento conduca a ritenere che la dilazione temporale del termine per la proposizione del ricorso sia «correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici)» (Corte cost. n. 204/2021).
In conclusione, dunque, esiste piena continuità tra i due regimi normativi e una diversa interpretazione, che pretenda di applicare il meccanismo della c.d. “sottrazione dei giorni” anche ad un’istanza d’accesso presentata entro un termine contenuto e ragionevole (e, comunque, non superiore ai quindici giorni concessi all’amministrazione), si rivelerebbe “non del tutto in sintonia con i principi di legittimo affidamento e di proporzionalità.”.
Leggi la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12/2020
Leggi la sentenza del Consiglio di Stato n. 1792/2022