L’utilizzo di un codice identificativo delle prestazioni oggetto di appalto da inserire in contratto è obbligatorio ormai a far data dal 1 febbraio 2006.
Nell’ambito del monitoraggio e vigilanza di ANAC sul rispetto dell’incombenza da parte delle Stazioni appaltanti sono tuttavia emersi con sempre maggior frequenza errori e incongruenze nell’individuazione dei codici da indicare nelle procedure di affidamento, tanto da indurre il Presidente ANAC, Busia, al comunicato del 9 maggio 2023, in cui si ribadiscono i principi e gli aspetti fondamentali della procedura.
In via assolutamente preliminare, infatti, si è ricordato come il CPV (Common Procurement Vocabulary) consista in un sistema unico europeo di classificazione delle attività utilizzato per descrivere l’oggetto dei contratti da affidare, con valenza sì statistica e di raccolta dati, ma con funzione primaria di uniformare e standardizzare la descrizione dell’oggetto della gara indicato nel bando, fornendo un riferimento comune in tutte le lingue dell’Unione europea.
Nel rimuovere le barriere linguistiche ed eliminare gli errori di traduzione, l’intento del Legislatore comunitario è stato quindi quello di garantire una maggiore trasparenza delle procedure ed un incremento della concorrenza transfrontaliera.
Di conseguenza, avverte il Presidente ANAC, un’impropria attribuzione del codice interessa profili di primaria rilevanza, rappresentando una violazione sia di quei principi di trasparenza e pubblicità che impongono alle Stazioni appaltanti di fornire informazioni chiare e precise sulle procedure, in modo da consentire una valutazione sulla legittimità del loro operato, sia dei principi di par condicio e tutela della concorrenza.
L’inadeguatezza dell’individuazione del codice non consentirebbe, infatti, a tutti gli operatori economici potenzialmente interessati di conoscere le opportunità effettivamente esistenti, tanto più che un codice errato può rappresentare anche violazione degli obblighi di pubblicità legale.
Basti pensare che l’indicazione del codice in un bando incide anche sulla soglia di rilevanza comunitaria e i conseguenti obblighi di pubblicità, ragion per cui è indispensabile evitare che errori o incongruenze limitino la libertà di concorrenza .
Nell’invitare, dunque, le Stazioni appaltanti al massimo rigore nel rispetto della procedura di attribuzione del codice, l’ANAC ha altresì ricordato come poichè “Trasparenza, pubblicità e tutela della concorrenza sono funzionali a garantire efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa”, il principio di buona amministrazione e del miglior utilizzo delle risorse pubbliche debba essere sempre tenuto in primo piano, facendo attenzione alla corretta applicazione della normativa in questione.
Laddove, infatti, manchi la puntuale osservanza dei criteri di applicazione del codice, la condotta della Stazione appaltante deve dirsi passibile di sanzione, costituendo comunicazione di informazioni non veritiere.
In conclusione, pertanto, dopo aver riepilogato modalità e criteri di attribuzione del codice, le Stazioni appaltanti sono state sollecitate a “individuare il codice più in linea possibile con l’acquisto che intendono effettuare, tenendo presente anche la collocazione della voce prescelta nell’ambito della struttura del vocabolario.”.