Davvero assai curiosa la sentenza di merito sul decorso del termine breve per proporre appello segnalata dal sito Il Caso.
Secondo l’originale, per non dire fantasioso, principio di diritto espresso dal Tribunale di Nocera Inferiore infatti (sentenza del 28 febbraio 2024) l’estrazione di copia autentica del provvedimento da impugnare costituisce una forma equipollente della comunicazione di cancelleria, ragion per cui “non può applicarsi il termine semestrale per proporre appello di cui all’art. 327 c.p.c. ma deve applicarsi il termine breve di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c. Pertanto, il termine per proporre appello decorreva dal giorno in cui il difensore aveva acquisito rituale conoscenza della sentenza impugnata”.
La decisione fa riferimento ad alcune pronunce del Supremo Collegio che già a una semplice lettura appaiono ampiamente inconferenti.
In primo luogo, Cass. civ., Sez. lavoro, 02/10/2008, n. 24418 citata dal Giudice campano trattava il caso della tardività di un ricorso ex art. 617 c.p.c. avverso un’ordinanza del giudice dell’esecuzione pronunciata fuori udienza, “in quanto l’opposizione era stata proposta oltre il termine perentorio di cinque giorni dalla legale conoscenza dell’atto contestato. Era accaduto, infatti, che l’ordinanza di assegnazione pronunziata fuori udienza e depositata il 30.9.03 non era stata comunicata alle parti e che il difensore della assicurata avesse richiesto ed ottenuto in data 17.10.03 copia conforme dell’ordinanza in questione, secondo le formali attestazioni di cancelleria apposte sul documento. Da tale circostanza il Giudice faceva derivare la conseguenza che parte opponente avesse avuto legale conoscenza del provvedimento nell’ottobre 2003 e che, pertanto, era tardiva l’opposizione, il cui ricorso introduttivo era stato depositato il 20.12.05”.
In tale caso specifico, quindi, la Suprema Corte aveva semplicemente ribadito la necessità del rispetto della norma che stabiliva il principio per cui il termine di 5 giorni (ora 20 ex art. 2, d.l. n. 35/2005) per l’opposizione ai provvedimenti del giudice dell’esecuzione decorre dall’effettiva conoscenza degli stessi e non dalla loro comunicazione da parte della cancelleria.
Ancor meno pertinente poi è il richiamo a Cass. civ., Sez. lavoro, 11/06/2012, n. 9421, che verte sull’inammissibilità di un ricorso in appello in rito lavoro, laddove non venga notificato l’atto d’appello medesimo ed il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza. Le doglianze dell’appellante “tardivo” infatti (rigettate dalla Corte di Cassazione) si fondavano sulla circostanza per cui non era stato formalmente comunicato il decreto di fissazione dell’udienza, sebbene si fosse estratta copia dell’anzidetto decreto.
Deve invece mettersi in debita evidenza come l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione sulle questioni trattate dal Tribunale di Nocera Inferiore con una certa disinvoltura sia consolidato ma in termini diametralmente opposti da quanto si pretende nella sentenza in commento.
Ed invero “Nella giurisprudenza di questa Corte, invero, è costantemente ribadita la regola per cui la notificazione della sentenza – fonte esclusiva della “conoscenza legale” di quest’ultima, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, secondo il richiamato art. 326, comma 1 – non ammette equipollenti (cfr., tra le meno risalenti, Cass. 17122/2011, 13431/2006, resa a sezioni unite, 23501/2004, 8858/2002, 4945/1996); regola alla quale si riconosce una sola eccezione, quella della notificazione dell’impugnazione (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 13431/2006, cit., e 3111/1982), che trova, però, specifica giustificazione nella legge, ricavandosi dal secondo comma del medesimo art. 326 (per il quale, nel caso di cui all’art. 332 c.p.c., l’impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dell’impugnante il termine per proporla contro le altre parti) il più generale principio che la notificazione dell’impugnazione equivale, agli effetti della “scienza legale” di cui al comma 1, alla notificazione della sentenza (Cass. Sez. Un. 3111/1982, cit.) [quest’ultimo principio, per il quale il termine breve decorre sia per il notificante che per il destinatario, è ora codificato nell’art. 326, novellato dalla riforma Cartabia, n.d.s.]” (Cass. civ., Sez. Unite, Sent., 31/05/2016, n. 11366 – tra le ultime si veda anche Cass. civ., Sez. VI, 25/01/2023, n. 2333).
Per destituire di ulteriore fondamento la sentenza in commento, infine, se pur anche si volesse tralasciare che l’art. 326 c.p.c. fa espresso riferimento alla decorrenza “dalla notificazione” e non alla comunicazione, e che l’orientamento giurisprudenziale su cui il Tribunale di Nocera Inferiore vorrebbe basarsi, in verità non offre alcun supporto, è anche opportuno ricordare come per la delicatezza della materia appare difficile ipotizzare che il Legislatore riservi la materia a (fantasiose) operazioni ermeneutiche.
Non a caso infatti ove il decorso dei termini di impugnazione è fissato alla data di comunicazione di cancelleria ne è stata fatta espressa menzione, come stabilito per esempio per il regolamento di competenza ex art. 47 c.p.c..