L’art 10 del D. Lgs n.36/2003 declina i principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione alle gare di appalto.
La controversia decisa dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7296 del 28 agosto 2024 ha permesso di chiarire la relazione sussistente tra l’esclusione dalla gara di un’impresa autrice di un’offerta giudicata inidonea dal punto di vista tecnico e il principio di tassatività delle clausole di esclusione, ripercorrendo l’orientamento consolidato della giurisprudenza nella vigenza della precedente normativa in tema di appalti, confrontata con l’attuale in vigore.
Sul punto la decisione ha sottolineato come “”(…) secondo consolidata giurisprudenza, l’esclusione dalla gara di un’impresa autrice di un’offerta giudicata inidonea dal punto di vista tecnico non si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, atteso che quest’ultimo riguarda il mancato rispetto di adempimenti relativi alla partecipazione alla gara che non abbiano base normativa espressa, e non già l’accertata mancanza dei necessari requisiti dell’offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara. (…) Alla medesima conclusione conduce anche l’analisi della giurisprudenza che esclude l’ammissibilità del soccorso istruttorio in caso di mancanza di elementi essenziali dell’offerta tecnica, (…)”, ponendosi in questo senso, tanto la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, quanto quella nazionale, sviluppatasi in particolare sulla inapplicabilità del soccorso istruttorio alla fattispecie della esclusione dalla gara per mancata separata indicazione degli oneri di sicurezza aziendale interni (…)””.
Dopo tale disamina giurisprudenziale, pertanto, il Consiglio di Stato ha concluso evidenziando che a tali principi il d.lgs. n. 36 del 2023 non abbia fatto altro che dare seguito, prevendendo all’art. 10 che “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese” .
Ed invero, da tale norma si evince chiaramente che le caratteristiche indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis di gara costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva.
Le difformità dell’offerta tecnica che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto a essi legittimano quindi l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, in quanto determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo negoziale.
La sentenza infine ha puntualizzato come “”(…) Nello spettro morfologico delle clausole escludenti enucleate dalla giurisprudenza con conseguente onere di impugnazione immediata del bando di gara, rientrano anche le “clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale” (così Cons. Stato sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671), “regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l’Adunanza plenaria n. 3 del 2001)”, “disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980)”, e “condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293)”. (…)””.