Le figure apicali dei Consorzi di Bonifica sono pubblici ufficiali o quanto meno incaricati di pubblici servizi

Nella sentenza n. 29928 depositata il 27 luglio 2022, la VI Sezione penale della Corte di Cassazione è stata chiamata a specificare la qualificazione giuridica del ruolo del Presidente e del Direttore generale dei Consorzi di Bonifica ai fini della configurabilità in loro capo del reato di peculato, laddove fossero contestate condotte appropriative.

Era infatti accaduto che, ritenuta provata in giudizio l’appropriazione di somme per rimborsi indebiti e di altri beni di proprietà di un Consorzio di Bonifica, il Presidente fosse stato ritenuto colpevole del reato di peculato sul presupposto della sua veste di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

Le difese del Presidente, viceversa, sostenevano come al medesimo non potesse essere attribuita tale veste, dovendosi escludere che l’attività del Presidente di un Consorzi di Bonifica “sia disciplinata da norme di diritto pubblico e che vi sia formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione.”, precisandosi, altresì, che andasse anche esclusa “la veste di incaricato di pubblico servizio, non rientrando in tale ambito l’attività del Consorzio, che si rivolge ai consorziati.”.

Il Supremo Collegio, nel rigettare le prospettazioni difensive del Consorzio, ha preliminarmente evidenziato come la natura dei Consorzi di bonifica non possa essere discussa: si tratta, infatti, di enti pubblici, come tali qualificati dall’art. 862 cod. civ. e dall’art. 59 r.d. 215 del 1933 nonchè disciplinati in ambito regionale dalle varie legislazioni.

Proprio da tale quadro normativo quindi la Corte fa discendere la conclusione per cui l’organo apicale del Consorzio, e in particolare il Presidente, svolga una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico per il perseguimento di interessi pubblici, e a fronte di ciò a nulla rileva nè la distinzione tra attività ordinarie e attività svolte in regime di delega pubblica nè la circostanza che i rapporti di lavoro siano soggetti a regime privatistico.

Anzi, ha precisato il Supremo Collegio, a considerazioni diverse non potrebbe giungersi neanche sulla base della circostanza per cui nello specifico microsistema dei Consorzi di bonifica sia stata esclusa per i Direttori la giurisdizione contabile in materia di verificazione dei conti consuntivi, perchè ritenuto assente dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (n. 1548/2017) il maneggio di fondi riconducibili ad una Pubblica amministrazione.

Ciò che, viceversa, assume preminente rilievo nel ragionamento sviluppato nella sentenza in commento è, infatti, da un lato l’assetto riconosciuto ai Consorzi dalla Corte Costituzionale, che sin dalla sentenza n. 326 del 1998 li ha ricondotti nell’alveo “(…) degli enti pubblici locali operanti nelle materie di competenza regionale e, dunque, degli enti amministrativi dipendenti dalla regione (…)”, e sotto altro profilo l’inquadramento giuridico che le Sezioni Uniti della Cassazione civile (n.2598/2013) hanno riconosciuto ai contributi imposti per le spese relative all’attività per cui i Consorzi sono obbligatoriamente costituiti, individuandola nella natura tributaria e non di canone o tariffa, “seppur correlati al beneficio che i consorziati traggono dalla bonifica (secondo la complessa analisi sviluppata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 188 del 2018).”.

Proprio tali rilevanti elementi, pertanto, sono stati ritenuti decisivi per far concludere alla Corte come svolgendo i Consorzi di Bonifica un’attività di interesse pubblico, regolata da norme di diritto pubblico, “l’organo apicale, che dispone di poteri non riducibili ad attività di mero ordine, ben può qualificarsi nella concreta gestione delle risorse e nello svolgimento dell’attività almeno come incaricato di pubblico servizio.“.

Leggi la sentenza n. 29928/2022


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