Il disciplinare di una gara presentava un’incongruenza tra criteri di
valutazione e, a seguito di apposita richiesta di chiarimenti, la stazione appaltante aveva fornito precisazioni in ordine alla previsione di 3 e non di 4 criteri di valutazione.
Prende le mosse da tale fattispecie la sentenza del Consiglio di Stato 7 gennaio 2022 n. 64 che ha statuito sul ricorso, vittorioso in I grado, di una delle società partecipanti alla gara, con cui si era eccepito che la stazione
appaltante con il proprio operato avesse cambiato in corso di gara i criteri di valutazione per mezzo di chiarimenti, senza provvedere, invece, alla rettifica del disciplinare e del capitolato con le relative pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale.
Innanzi al Consiglio di Stato, la società appellante e soccombente in I grado, aveva, viceversa, sostenuto che la stazione appaltante, attraverso i chiarimenti, avesse solo corretto un mero errore errore materiale.
Nella decisione in commento, tuttavia, il Consiglio di Stato ha osservato come la prospettazione dell’appellante non potesse essere condivisa.
Proprio esaminando i fatti in contestazione, infatti, e dunque la circostanza per cui con i chiarimenti contestati la stazione appaltante aveva ridotto da 4 a 3 i criteri di valutazione e correlativamente ridistribuito i punteggi delle singole categorie, doveva necessariamente desumersi che in tal modo si era eseguita una sostanziale modifica della lex specialis, senza, però, provvedere ad eseguire la rettifica degli atti di gara mediante la ripubblicazione della lex specialis stessa.
Sul punto il Consiglio di Stato ha richiamato la consolidata giurisprudenza per cui i chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire integrazione o rettifica della lex specialis di gara, ma essendo
ammissibili solo qualora contribuiscano, “con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato, ma non quando, proprio mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione della lex specialis, un significato ed una portata diversa o maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost.”.
A tale rilievi, inoltre, il Consiglio di Stato ha aggiunto anche l’ulteriore considerazione per cui, in ogni caso, l’errore materiale non potrebbe emendarsi con lo strumento dei chiarimenti, poichè, sempre in ossequio alla costante giurisprudenza, “l’errore materiale o l’omissione commessa nella lex specialis richiede una apposita rettifica del bando e del disciplinare da parte della stazione appaltante fatta con le stesse forme di detti atti e non già con un semplice chiarimento del responsabile unico del procedimento” (TAR Lazio, Sez. III Quater, 6 dicembre 2018 n. 11828; Cons. Stato, Sez. V, 8 novembre 2017, n. 5162; Cons. Stato 7 gennaio 2021 n. 173).
È infatti pacifico in giurisprudenza che i chiarimenti non possono modificare gli atti di gara, pena l’illegittima disapplicazione della lex specialis (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 27 dicembre 2019 n. 8873).”.
Se, pertanto, si fosse stato in presenza di un errore materiale, questo avrebbe comunque richiesto un’apposita rettifica del bando e del disciplinare di gara da parte della stazione appaltante, fatta con le stesse forme di detti atti, e non già un semplice chiarimento, come invece avvenuto in concreto.
Non essendo questo avvenuto, si è statuito, dunque, per la conferma del capo della sentenza di I grado relativo al mutamento dei criteri di
valutazione in corso di gara e al conseguente annullamento della procedura.