Danno extracontrattuale: la Cassazione si pronuncia sulla personalizzazione del risarcimento e la liquidazione degli interessi compensativi

Nel giudizio deciso dalla sentenza n. 4838 pubblicata il 16 febbraio 2023 ed in cui si esaminava il ricorso di un Consorzio di Bonifica in ordine alla portata risarcitoria del danno extracontrattuale, cui era stato condannato per responsabilità in solido con gli eredi del danneggiato, la Corte di Cassazione ha espresso un duplice principio di diritto, accogliendo in pieno le prospettazioni dei difensori dell’Ente di Bonifica, Arcangelo Guzzo e Claudio Martino.

Nello specifico:

1) Si era eccepita la violazione della disciplina in materia di valutazione equitativa del danno, ponendo all’attenzione della Corte come nel giudizio di appello si fosse deciso di personalizzare il danno (in riforma della sentenza di primo grado), nonostante l’assenza di qualsivoglia allegazione sul punto e in violazione, quindi, dei principi in tema di riparto dell’onere probatorio e delle presunzioni.

Le memorie istruttorie depositate nel giudizio innanzi al Tribunale dai parenti del danneggiato, infatti, si erano limitate a generici riferimenti al rapporto parentale, privi di quella specificità tale da dimostrare elementi da valorizzare in ordine ai criteri di liquidazione del danno.

Sul punto, quindi, la Corte di Cassazione, evidenziando la fondatezza della doglianza del Consorzio e constatando, viceversa, la non conformità della sentenza di appello al consolidato indirizzo giurisprudenziale del Supremo Collegio, ha ribadito il principio di diritto per cui ” (….) in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c.d. “personalizzazione” del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (…) spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza con le risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche ed eccezionali circostanze di fatto, peculiari al fatto sottoposto ad esame, che valgono a superare le conseguenze “ordinarie” già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari, da queste ultime distinguendosi siccome legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore e all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sè tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un’ottica che, ovviamente, superi la dimensione “economicistica” dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiere in assenza di dette peculiarità (…)”.

2) Si era lamentata la violazione dei principi in materia di risarcimento del danno da fatto illecito, posto che si era riconosciuta la debenza di interessi compensativi sulle somme liquidate, sebbene la richiesta di tali interessi non fosse mai stata formulata.

A tal proposito, ancora riconoscendo la fondatezza delle prospettazioni del Consorzio di bonifica, la Cassazione ha preliminarmente ribadito i principi già enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 1712/1995, così disattendendo le conclusioni del Procuratore generale in merito alla richiesta di rimessione alle medesime Sezioni Unite e sottolineando come ” (…) qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata per equivalente (…) è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno che questo provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Questo condivisibile insegnamento, cui il collegio intende dar seguito, in particolare ha chiarito che nell’ambito della valutazione equitativa la prova di detto danno può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice anche mediante criteri presuntivi ed equitativi (…)” ma in ogni caso non si tratta mai di un danno presunto per legge ma di un ” (…)”danno che deve essere allegato e provato con tutti i mezzi (…)”.

Ha poi ulteriormente evidenziato la Corte come debba anche ribadirsi il pur già espresso principio delle Sezioni Unite secondo cui “(…) nei debiti di valore i cosiddetti interessi compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell’equivalente monetario attuale della somma dovuta all’epoca dell’evento lesivo. Questo danno sussiste solo quando dal confronto comparativo in unità di pezzi monetari tra la somma rivalutata riconosciuta al creditore al momento della liquidazione e quella di cui egli disporrebbe se (…) avesse potuto utilizzare l’importo allora dovutogli secondo le forme considerate ordinarie nella comune esperienza ovvero in impieghi più remunerativi, la seconda ipotetica somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile in vario modo, anche mediante il meccanismo degli interessi (…), mentre in ogni altro caso il danno va escluso. (…)”.

Da ciò è stato dedotto, coerentemente con l’orientamento della Cassazione fatto proprio anche nella sentenza in commento, che il giudice del merito è tenuto a motivare il mancato riconoscimento degli interessi compensativi solo laddove espressamente sollecitato mediante l’allegazione della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo, perchè, ragionando diversamente, la liquidazione di un danno in assenza di specifica domanda si porrebbe in evidente contrasto logico e giuridico con l’onere in capo al danneggiato di dimostrare l’effettiva differenza patrimoniale che giustificherebbe l’ulteriore ristoro.

In conclusione, pertanto, quanto al tema della prova degli interessi compensativi a ristoro del danno, si è ritenuto di ribadire il principio di diritto per cui “Nei debiti di valore derivanti da fatto illecito, gli interessi compensativi, pur costituendo una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell’equivalente monetario attuale della somma dovuta all’epoca dell’evento lesivo, per essere riconosciuti dal giudice di merito, debbono essere espressamente richiesti dagli aventi diritto mediante l’allegazione e la prova (anche presuntiva) della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo”.

Leggi la sentenza n. 4938/2023

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